Il prezzo dei libri

Da quanto ho aperto il blog (nel lontano settembre 2014) scopro ogni giorno come il mondo legato ai libri sia variegato, sfaccettato, meraviglioso e, , anche ricco di contraddizioni e punti critici.

No, stavolta non parlerò del numero basso di lettori o dei parametri che vengono presi in considerazione per rendere un libro “bestseller“. Oggi… parliamo di aspetti più vili e materiali come il prezzo dei libri.

Non tutti – forse – sanno che esiste una legge che regola il prezzo dei libri. La legge in questione – odiata, amata e rimaneggiata nel tempo – è l’art. 11 della legge 62/2001 poi modificato dalla legge n. 128/2011 (oggi nuovamente oggetto di discussione).

In breve, la legge impone uno sconto massimo del 15% sul prezzo fissato all’origine dall’editore (o dall’importatore). Si può sperare in qualcosina di più (fino al 20%) se ci si predispone ad acquistare determinati libri «venduti in occasione di manifestazioni fieristiche e per quelli destinati a particolari categorie di consumatori (ONLUS, scuole, centri di formazione, università, istituzioni o centri scientifici e di ricerca, biblioteche, archivi e musei pubblici)» oppure in presenza di campagne promozionali (fino al 25%).

Nonostante sia stato segnalato che una tale ingerenza sui «tetti massimi agli sconti sul prezzo dei libri [possa] limitare la libertà di concorrenza dei rivenditori finali», la nostra legge è ancora al suo posto.

Comunque, questa è la parte finale del nostro percorso, perché quando il libro arriva nella libreria – scontato o meno – ha già il suo bel prezzo iscritto in copertina.

E la domanda è: come si fa a determinare questo costo e differenziarlo da volume a volume?

Partiamo dal presupposto che i prezzi di tutti i generi in commercio hanno subìto delle variazioni dovute a una variegata quantità di elementi: inflazione, crisi economica, percezione del proprio potere d’acquisto (io, ad esempio, sono ai minimi storici), ect.

Per combattere la crisi, ad esempio

GFK calcola che dal dicembre 2015 all’aprile 2016 il numero di libri venduti è calato del 2,3 per cento, ma gli incassi sono cresciuti del 3,6. Secondo l’analisi del Post, «l’unica spiegazione possibile – dal momento che si può escludere che all’improvviso si stiano vendendo solo i libri che costano tanto, viste le classifiche – è che gli editori stiano rispondendo al calo di vendita alzando i prezzi medi dei loro libri». Ogni libro in commercio in Italia costerebbe, mediamente, 0,73 centesimi in più.
[Fonte: Cultora.it]

E, in ogni caso, il prezzo medio di copertina di quest’anno si aggira attorno ai 16€, mentre l’anno passato era di 13,30€.

Il punto è che il libro ci arriva tra le mani già prezzato… ma quali variabili rientrano in questa valutazione finale?

Una serie.

In primo luogo, una parte della valutazione è fatta in base alle “materie prime” usate: qualità della carta, copertina rigida (o no), sopraccoperta (o no).

L’uso di una carta più “scadente” comporta ovviamente un prezzo più basso; mentre, di contro, una copertina rigida, magari cartonata, lo alza.

Personalmente, non sono una patita delle versioni tascabili o meno, ma apprezzo il costo contenuto delle prime.

Trovo competitiva e lungimirante la scelta del mercato anglo-americano di pubblicare – a breve distanza l’una dall’altra – la versione “bella” e la versione “meno bella” di un libro in modo da coprire ogni fascia di lettori e ogni tasca (se qualcuno è in ascolto, potrebbe essere un’idea fare una cosa simile anche in Italia – cioè tempi brevi tra la prima edizione e quella più economica – visto che molti lettori preferiscono comprare gli e-book o aspettare la disponibilità in biblioteca dato l’alto costo delle nuove edizioni).

Poi rientrano tutta una serie di determinanti dette di gestione, tra le quali rientrano: costi di traduzione, impaginazione, correzione di bozze, editing, ufficio stampa ect. a cui vanno aggiunte anche quelle meramente d’ufficio (come, ad esempio, la luce, il telefono et similia).

Altro fattore che concorre alla formazione del prezzo sono i lettori stessi; per la precisione, il pubblico a cui il libro è rivolto.
Un libro di un autore famoso, magari atteso da tempo, avrà un costo un po’ più alto; il libro di una star del web avrà un costo più ridotto considerato che si rivolge a un pubblico prevalentemente giovane (quindi, non stipendiato).

Ma potrebbe incidere sul prezzo anche quanto il libro è stato pagato alla fonte (ad esempio, se si tratta di un autore straniero a cui sono stati pagati forti diritti per la pubblicazione).

Alla fine, però, non pensare che l’editore voglia fare la cresta sul prezzo per approfittarsi spudoratamente del lettore. Infatti

 […] oggi per un editore medio grande – che sia cioè in grado di stampare un numero sufficiente di copie per spuntare prezzi competitivi – il costo di produzione di 7-8 mila copie di un libro di 250 pagine in brossura (cioè non con la copertina rigida) è di 1,5-1,8 euro a copia. Il prezzo di vendita è circa dieci volte più alto. In libreria, infatti, quel libro costerà tra i 16 e i 19 euro. È un ricarico che appare simile a quello di beni di lusso, quelli dove il marchio risulta determinante rispetto al prodotto. I libri, invece, sono tra le merci che offrono margini di guadagno più bassi. Su un campione di 100 libri pubblicati, la media di margine per l’editore è intorno al 4-5 per cento, che può salire fino al 7-8 quando la casa editrice va molto bene, cioè se in quell’anno imbrocca uno o più bestseller.
[Fonte: IlPost.it]

Questo perché, esclusi i costi di produzione (che incidono, tutto sommato, poco sul prezzo finale), sul prezzo della singola copia devono conteggiarsi anche i costi di gestione e d’ufficio che indicavano poco sopra, i diritti dell’autore (che possono andare dal 6 al 15%), ma sopratutto i costi di distribuzione che incidono per il 50% sul prezzo finale.

Detto questo, però, come non si deve pensare male dell’editore, non si deve pensare troppo male del distributore che

trattiene per sé il 50/55% del prezzo di copertina di un libro ma il suo vero guadagno è del 20/25% in quanto cede il 30/35% al libraio nel momento in cui raccoglie gli ordini dei libri (le catene più grandi come il circuito di librerie Feltrinelli o Mondadori o Librerie Coop spesso richiedono il 40% e in questo caso il guadagno del distributore scende).
[Fonte: Sololibri.net]

Tuttavia, se le copie dovessero restare invendute, chi ci rimette non sono né il distributore né il librario (che potrà azionare il reso dopo 60-180 giorni), ma ancora una volta l’editore.


Riferimenti


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