La corte dei miracoli

la corte dei miracoli

Titolo originale: The Court of Miracles
Autore: Kester Grant
Genere: YA
Anno di pubblicazione: 2021
Titolo in Italia: La corte dei miracoli
Anno di pubblicazione ITA: 2021
Traduzione di: Sara Brambilla
Pagine: 294

– Ho ricevuto una copia di questo libro –

Piccola premessa prima di iniziare: sono fissata da tempo immemore con il periodo rivoluzionario francese (fu pure la mia “tesina” alle elementari) e ritengo I Miserabili di Victor Hugo uno dei più bei libri mai scritti.

Quindi appena è saltato fuori questo libro, il mio entusiasmo è salito alle stelle anche perché presenta una particolarità: la rivoluzione è fallita (la conclusione quindi è stata a favore della monarchia).

In questa Parigi post-rivoluzionaria ma ancora monarchica esiste poi un sottobosco di miserabili, organizzati e riuniti in nove Gilde ognuna con il suo “criminaloso” ambito (ladri, assassini, prostitute, letterati… questi ultimi fanno da contabili).

Nina di tutto questo ancora non sa nulla, le sue preoccupazioni al momento sono altre: sua sorella, Azelma, sta per essere venduta dal padre per quindici monete (a una Gilda che la sfrutterà) e forse lo stesso destino toccherà in sorte anche a lei.

Azelma, però, riesce in un ultimo atto d’amore: affida Nina a Femi, il Messaggero delle Gilde, che la aiuterà a entrare nella Gilda dei ladri, ottenerne così la protezione e a diventare la Gatta Nera.

La corte dei miracoli è il primo dell’omonima trilogia.

Premesse a parte (che – ripeto – potevano essere molto interessanti), ci sono una serie di elementi che spuntano fuori nella narrazione che mi hanno progressivamente destabilizzato (e, okay, lo ammetto, un po’ indispettita).

Il primo è questo: Nina è il soprannome per Eponine Thénardierquella Eponine Thénardier.

Spunteranno poi in ordine Cosette (che assieme al nuovo soprannome – Ettie – diventa pure una fastidiosissima lagna), Gavroche (che del monello francese ha perso tutta la spavalderia), l’ispettore Javert (che almeno resta ispettore ma si trasforma nella caricatura di se stesso) e sì pure lui: Jean Valjean (in veste iniziale più di stalker che di anima perseguitata ma vabbè…).

Avere la pretesa di “riscrivere” I Miserabili, trasformando le vicende dei personaggi, pone questa storia davanti a un confronto decisamente impari…

… non sarebbe stato meglio dare ai propri personaggi nomi originali (e poi magari, perché no?, fargli incontrare un Gavroche o uno Jean Valjean in un rapido cameo?)?

Ma lasciamo perdere la riscrittura… consideriamo questa storia come se I Miserabili di Hugo non fosse mai esistito e veniamo così al mio secondo punto destabilizzante.

La protagonista è brillante (ma sono più le volte che gli altri personaggi devono spronarla a ragionare sulla situazione per vederne finalmente le conseguenze); la protagonista è “bruttina” (ma può vantare ben TRE pretendenti uno più affascinante dell’altro; e Coset… sorry, Ettie, fa in modo di ricordacelo SEMPRE peggio di un disco rotto); la protagonista frulla da un evento all’altro dimenticando praticamente quello che stava facendo prima (cambiano gli obiettivi, cambia la sorella che si vuole proteggere…) ma come scassina lei le serrature nemmeno Houdini!

Insomma mi è parso che l’autrice ci chiedesse di fare troppi “salti della fede”, convincendoci a credere in una storia che si aggiusta così perché sì, poco coerente perché…

… e qui arriva il terzo punto…

… in una società dove il conflitto tra nobiltà e povertà si è acutizzato ancor di più, in cui una sanguinosa rivoluzione è appena stata sedata con enorme violenza (le teste dei perdenti sono rimaste appese alle picche per dire), Sua Maestà la regina di Francia non solo non si fa problemi a invitare due puzzolenti plebee a tavola (ripulirle con un bel bagno e farle pure rivestire dalla sarta di Corte), ma sente anche il dovere di presentarsi e di presentare («Sono la regina di Francia […] questo è Louis Joseph Charles Romain, il delfino di Francia» cit.).

Più aggiungiamoci personaggi unidimensionali che agiscono davvero in maniera incoerente, senza alcun motivo; il sistema delle Gilde che è così perché è così, ma poi ognuno fa un po’ come vuole e regole e gerarchie passano in secondo piano; ciliegina sulla torta poi Saint-Just che canta “Un piccolo scroscio di pioggia” direttamente dal musical…

No.

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