I giorni della neve recensione

Titolo: I giorni della neve
Autori: Francesco Casolo e Michele Freppaz
Genere: Varia
Anno di pubblicazione: 2018

– Ho ricevuto una copia di questo libro –

Inutile tentare di negarlo: la neve ha quel fascino che, quando il cielo assume quella tinta particolare e i primi fiocchi bianchi iniziano a scivolare giù, non si può far altro che affacciarsi alla finestra e restare in contemplazione.

Se poi “attacca” anche meglio, perché con la neve non è solo questione di “guardare, ma non toccare“. Con la neve la nostra fantasia può sbizzarrirsi, facendo nascere pupazzi o iniziando duelli a colpi di gelide palle di neve.

Ma la neve è anche altro: è oro bianco, è business, è economia.

E, in questa sorta di incrocio tra una dissertazione storico/scientifica e una mini raccolta biografica, si parla anche di questo: di come la neve, il ghiaccio abbiano plasmato valli, paesi, persone; di come la montagna dia e prenda; di come «il paesaggio che in un tempo davvero remoto era stato bosco selvatico, poi campo e poi pascolo, adesso [sia] diventato pista da sci».

Si comincia, quindi, con l’arrivo di un cittadino, Francesco, in questo paesino ai piedi del Monte Rosa. Lì l’incontro con Michele, nivologo e pedologo, sarà lo spunto per una serie di considerazioni: Michele racconterà a Francesco del suo professore, del ghiacciaio e dell’eredità da portare avanti; gli spiegherà il suo lavoro, mostrandogli o raccontandogli di rifugi e centri di ricerca; Francesco parlerà con i paesani, raccogliendone storie e ricordi e imparando così a conoscerne le personalità, i modi e gli usi.

Parleremo poi di come la montagna si sia evoluta, cambiando e lasciando la sua impronta anche sui suoi abitanti, incidendo sui loro stili di vita e comportamenti; di come il permafrost, cioè un substrato che mantiene costante la sua temperatura sotto gli zeri gradi centigradi per ameno due anni consecutivi, sia il collante di interi versanti e di come «la tecnologia che abbiamo a disposizione dovrebbe invitarci a una prudenza estremamente superiore a quella che avevano dovuto adoperare i nostri padri e i nostri nonni».

Per concludere, non si tratta né di una lettura eccezionale né di una orribile: si tratta di una lunga considerazione, peraltro condivisibile, sul vivere la montagna con intelligenza e pronti a raccogliere le novità che il tempo, il clima e la tecnologia impongono.

Si sente la profonda passione – non solo degli autori, ma di tutte le persone citate – verso la montagna, la neve, la wilderness; i brevi ricordi dei “montanari” e di “com’era” hanno sicuramente il loro fascino.

 

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