Il viaggio continua

Nella diaspora stellare di spiriti irregolari seguita al big bang del 63, il caso di Franco Beltrametti è il più esemplare e – per chi voglia ricostruirne il senso – il più disperante. Nessuno più di lui visse l’esperienza artistica in primo luogo come esperienza, appunto: fervore di avventure e deterritorializzazione continua. Decisivi il viaggio in Giappone, nel ’66, e il soggiorno nel Belice dopo il terremoto del ’68. C’è una poesia giovanile che comincia con «Cinque case in tre mesi», e che già nel perimetro di Zurigo mostra un’inquietudine da vero beat (per concludersi nello spirito del «superstite lupo di mare» di Ungaretti, o d’un novello Lenz di Büchner). I sodalizi cogli artisti e i poeti di tre continenti, i componimenti in quattro lingue (con nonchalance dovuta anche, suo malgrado, all’origine elvetica), non sono solo il segno tangibile d’una vita all’insegna della generosità, del dispendio di sé (in una specie di «funzione Villa», pensando alla dépense del grande Emilio); sono il rifiuto di fare della propria identità una rendita, come si dice, “di posizione”. Un’esistenza «in forma di arcipelago» (per parafrasare Blanchot) è quella di chi concepisce sé, e la propria espressione artistica, semplicemente come relazione con l’altro, gli altri. Per questo parte integrante del libro è l’«indice dei nomi» con cui, di queste relazioni, si traccia la mappa. C’è un bellissimo acquerello tardo, di Beltrametti, in cui appunto un «Archipelago of the Mind» abbraccia ventotto «poets islands»: fra le quali artisti come Baruchello e musicisti come Cage, e poi John Giorno e Julien Blaine, Patrizia Vicinelli e Corrado Costa, appunto Villa e Balestrini, Adriano Spatola e Giulia Niccolai. Ogni volta che Beltrametti si è versato sulla pagina – sempre leggero e divagante, acquerellesco e zen: a parole quanto per immagini – lo ha fatto per collegare le isole nella corrente della sua vita. Così questa vita si è fatta, fino in fondo, poesia: perché è la poesia quella cosa che stabilisce legami. A.C.

L’autore

Nato a Locarno il 7 ottobre del 1937, Franco Beltrametti si è laureato in architettura al Politecnico di Zurigo nel 1963, per abbandonare presto la professione e dedicarsi a quella che fin dall’adolescenza si era profilata come una doppia vocazione: poesia e arte visiva. Parola e immagine, intrecciate in un dialogo silenzioso, diventano per lui a partire dai primi anni Sessanta non solo il campo della ricerca, ma un indirizzo di percorso in un’esistenza concepita, fuori e dentro la metafora, come viaggio. Innumerevoli, a partire dal ’69, le pubblicazioni ed esposizioni, le collaborazioni a riviste indipendenti e collane underground, i sodalizi con poeti, artisti e musicisti. Muore in piena attività nel 1995. Un’antologia bilingue del suo lavoro poetico e visivo, Zweiter Traum-Secondo sogno, è uscita in Svizzera, da Limmat a cura di Roger Perret, nel 2014. Nel 2016 sono usciti invece, per le edizioni sottoscala di Bellinzona, il taccuino Transiberiano, a cura di Anna Ruchat e Stefano Stoja, e l’Autobiografia in 10.000 parole.

A cura di

Anna Ruchat ha studiato filosofia e letteratura tedesca a Pavia e a Zurigo. In tanti anni di attività ha tradotto, tra gli altri, Bernhard, Celan, Sachs, Dürrenmatt, Herzog e Lavant.

Titolo: Il viaggio continua
Autore: Franco Beltrametti
Curatrice: Anna Ruchat
Genere: Opere scelte
Casa editrice: L’Orma
Pagine: 544 [+CD]
Prezzo ed. cartacea: /


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