I tacchini non ringraziano

Lo zoo personale di Andrea Camilleri è fatto di animali e di storie che entreranno nella nostra vita per sempre. Sono ritratti en plein air: impossibile leggerli e vederli senza sentire dentro qualcosa di fortissimo, perché sono pieni di affetto, confondono il confine tra la coscienza umana e quella degli animali e sono sempre a favore di questi ultimi, nel senso di un’armonia della vita solo nel rispetto di tutte le specie viventi.
Cani, gatti, cardellini, ma anche volpi, serpenti e tigri sono descritti come portatori di uno spirito ricco di amore e di intelligenza, molto più complesso e profondo di quanto pensiamo: una ‘magaria’ inesauribile. Ciascuno di loro sembra comprendere la logica degli uomini, che di volta in volta sfrutta a suo favore o prova a sconfiggere con varie strategie, sempre vincenti: dalla dignità dei tacchini al canto riconoscente di un cardellino, dall’astuzia di un lepro alla commovente compostezza di un gatto innamorato, dalla mite bellezza di una capra alla puntualità discreta di un serpente. Allo stesso tempo Camilleri ci ricorda che forse il mondo è diventato troppo brutto perché la bellezza degli animali abbia diritto a esistere. Ogni storia ci lascia con la consapevolezza dolceamara di tutto quello che rischiamo di perdere, ma anche con la quieta fiducia che sia ancora possibile un mondo in cui convivere e rispettarsi, con l’ausilio di un po’ di buon senso e di umorismo, un mondo meno prepotente e più meritevole di bellezza. Quella che Paolo Canevari con la grazia e la leggerezza dei suoi animali ha fissato sulla carta, anche lui, per sempre.

Gli autori

Andrea Camilleri è nato a Porto Empedocle (AG) nel 1925 ed è uno degli autori italiani più noti e amati nel mondo. Nel corso della sua lunghissima carriera ha scritto poesie, sceneggiature, racconti, romanzi storici, civili e fantastici. Ma la sua consacrazione come autore  è arrivata con lo straordinario successo dei libri del commissario Montalbano, protagonista di una seguitissima serie televisiva e anche di due storie su Topolino. L’opera di Camilleri è tradotta in trentacinque lingue e ha avuto oltre trenta milioni di lettori.

Paolo Canevari  è uno degli artisti italiani più famosi a livello internazionale, noto per l’utilizzo di differenti materiali e media. I suoi lavori sono presenti in collezioni private e pubbliche tra cui il MoMA di New York, la Fondazione Louis Vuitton di Parigi, il MART di Rovereto, il MACRO e l’Istituto Nazionale per la Grafica a Roma, la Johannesburg Art Gallery di Johannesburg, il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato e il Magazzino of Italian Art, Cold Spring, New York.

Titolo: I tacchini non ringraziano
Autore: Andrea Camilleri
Illustrazioni di: Paolo Canevari
Genere: Racconti
Casa editrice: Salani
Pagine: 190
Prezzo ed. cartacea: 15,90€
Età di lettura consigliata: 9/11 anni

Se un autore scrive un libro significa che ha i suoi motivi per farlo.

C’è chi sostiene che esistono autori, e sarebbero la maggioranza, che si mettono a scrivere libri senza nessun motivo apparente. Ma io non ci credo, a ben guardare una ragione c’è sempre anche quando serve solo perché l’autore se ne vada in giro dicendo orgogliosamente a tutti quelli che incontra: «Sapete? Questo è il mio libro!»

Io, in questo caso, ho avuto almeno due buoni motivi.

Vado col primo.

Nel mese di giugno del 1997 mi capitò di leggere una notizia che mi colpì tanto da scriverci subito un articolo di commento per un quotidiano romano. L’articolo, suppergiù, diceva così:

Qualche decina d’anni addietro al nipotino d’un mio amico assegnarono un tema: Parlate del vostro gatto. Ma come fare?
Al bambino avevano sempre proibito, malgrado le sue suppliche e i suoi pianti, di tenere animali domestici (e nella stessa classificazione dovevano rientrare anche i compagnucci di scuola che non venivano mai ricevuti in casa). Munito di carta e penna, guardato a vista dalla madre affacciata al balcone, il bambino scese in strada e si appuntò le fattezze di un gatto randagio che transitava.
Ne venne fuori un tema nel quale si raccontava come il suo gatto avesse tre zampe, un orecchio, la coda rosicchiata, e la rogna diffusa. Queste cose il bambino aveva visto e queste aveva puntualmente riferito.
In famiglia quel compito fu a lungo motivo di grosse risate.

«Bei tempi!» mi viene da esclamare ora.

Perché quel bambino aveva in fondo fatto un ritratto ‘dal vero’, come si diceva una volta, vale a dire rapportato alla natura, legato alla realtà. Ma sempre più appare evidente come, giorno dopo giorno, si faccia non drammatico, ma addirittura tragico, il divario tra la vita quotidiana in città e la natura.

C’è un esempio di queste ore che mi appare terrificante.

Un’agenzia specializzata ha fatto un’inchiesta tra i bambini romani per conoscere se sapevano com’era fatto un pollo.

Ebbene, i bambini, compresi mi pare in un arco che andava dai tre agli otto anni, hanno risposto a gran maggioranza che il pollo non esiste allo stato naturale, ma viene prodotto in fabbriche apposite, vale a dire che è artificiale. Tanto artificiale che – sempre secondo i bambini interpellati – la fabbrica ne immette in commercio due tipi diversi: pollo crudo (per gli sfiziosi che se lo vogliono cucinare come credono) e pollo arrosto.

C’è invece molta incertezza tra i bambini sul numero delle cosce in dotazione a ogni pollo. C’è chi dice che ne abbiano sei e chi giura e spergiura che ne possiedano otto. Uno solo di essi ha sostenuto che il pollo ha due cosce, ma lo hanno subissato di risate e parole di scherno.

L’incertezza ha regnato sovrana anche sul numero delle ali.

Comunque i bambini sono arrivati alla comune conclusione che in un pollo il numero delle ali è sempre di gran lunga inferiore a quello delle cosce, tant’è vero che a tavola si portano sempre più cosce che ali.

La tragedia però, aveva cominciato a mostrare la sua faccia già qualche tempo prima, quando dei bambini, sempre di città, avevano compreso, in un elenco di pesci, anche il ‘pesce-bastoncino’.

Il bastoncino Findus, naturalmente.

Vi risparmio il seguito.

Il primo motivo per il quale ho scritto questo libro è perciò quello di testimoniare che ai miei tempi gli animali non erano ancora artificiali.

Vado col secondo.

Un articolo apparso sulla rivista britannica New Scientist nel novembre 2006 ci informa che sono a buon punto gli studi per costruire delle apparecchiature in grado di raccogliere, amplificare e trasmetterci le emozioni e i ‘pensieri’ degli animali.

«Nel 2056» afferma trionfalmente l’articolo «riusciremo a capire cosa pensano di noi gli animali».

Non capisco tutto questo trionfalismo. Penso anzi che bisognerebbe bloccare a tutti i costi la fabbricazione di questa macchina.

Se veramente un giorno riusciremo a sapere quale opinione hanno di noi gli animali, sono certo che non ci resterà da fare altro che sparire dalla faccia del pianeta, sconvolti dalla vergogna. Sempre che, tra cinquant’anni, gli uomini saranno ancora in grado di provare questo sentimento.

Io, fortunatamente, non ci sarò.

Ma vorrei che qualche mio pronipote consegnasse agli animali una copia di questo libretto perché di me, e di moltissimi altri comeme, possano avere un’opinione sia pure leggermente diversa.

Andrea Camilleri

 

Quando ero bambino la mia famiglia aveva una piccola casa sulle pendici del Monte Amiata. I Camilleri, stretti amici di famiglia, acquistarono la casa vicina, legando le mie reminiscenze di bambino e adolescente al sole della controra estiva e alle giornate passate con le mie sorelle Angiola e Barbara insieme alle nostre coetanee ‘Camilleri’: Andreina, Betta e Mariolina.

In questo libro rivivono caratteri e personaggi di un corollario umano e animale che fanno parte di quei ricordi: i tacchini giustizieri di vipere, il gatto Barone insieme ai ricci evasi, Pimpigallo e il mio cane Gillo. Sono loro che popolano queste pagine e che hanno ispirato i disegni di Memoria Mia da me realizzati all’inizio degli anni Novanta, come riflessione sull’idea delle gioie, dei sogni e delle ombre dell’infanzia.

Paolo Canevari

 

Disponibile dal 19 novembre 2018!


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