Assassinio sull’Orient Express – dal libro al film: la mia opinione di lettrice

Grandi aspettative, grande cast, grandi annunci… e con l’occasione rispolvero una rubrica che – mea culpa – era finita da tempo nel dimenticatoio.

Parliamo oggi di Assassinio sull’Orient Express, celeberrimo giallo di Agatha Christie in cui il protagonista è il nostro caro detective belga, Hercule Poirot.

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La storia è ormai nota [spoiler free]. Per una serie di eventi, Poirot si ritrova su un affollato Orient Express, il treno che collegava Parigi a Costantinopoli.

Assieme a lui una decina di altri passeggeri, rappresentanti di classi sociali, età e nazionalità diverse e… be’, ovviamente un cadavere, quello del poco simpatico Mr. Ratchett – nel film interpretato da Johnny Deep – accoltellato nella sua cabina durante la notte (per tutti gli altri dettagli, trovi qui l’articolo dedicato al romanzo).

Il romanzo della Christie ha già avuto alcuni adattamenti: in particolare, consiglio quello “classico” del 1974 con Albert Finney, Ingrid Bergman e Sean Connery e l’episodio della dodicesima stagione della famosa serie televisiva Agatha Christie’s Poirot con il mitico David Suchet nel ruolo del detective belga.

Questo nuovo adattamento vede Kenneth Branagh (Oscar nel 1988 quando interpretò l’Enrico VIII e noto al grande pubblico per i suoi ruoli in film quali Frankenstein, Hamlet, Wild Wild West, Harry Potter e la camera dei segreti…) nel ruolo non solo di regista, ma anche in quello di attore che, per sé, sceglie proprio quello del protagonista.

Kenneth Branagh è Poirot nel nuovo adattamento cinematografico di “Assassinio sull’Orient Express”

Quindi, ecco il nostro Poirot. Possiamo sorvolare sulla maschera da notte per i baffi… ma non sul modo in cui il detective belga viene qui rappresentato.

Da meticoloso, Poirot diventa ossessivo; da puntiglioso a schizzato.

Quasi che tutti i detective degli ultimi anni debbano per forza essere affetti da gravi problemi osservi-compulsivi per poter svolgere il loro lavoro…

Scene come quella del piede infilato inavvertitamente nel mega escremento in mezzo alla piazza – e, per pareggiare, pure l’altro piede va intinto nel cumulo odoroso – o della torta condivisa a cuor leggero con Mr Ratchett non avrebbero mai visto Poirot come protagonista.

Preciso e attento Poirot non sarebbe mai infilato per errore nel letamaio… e, anche fosse miracolosamente accaduto una tragedia simile, mai e poi mai avrebbe sporcato l’altra scarpa. Al massimo avrebbe chiamato soccorso per eliminare al più presto la scarpa inzaccherata e farsene portare immediatamente un paio nuovo.

La nuova edizione Mondadori in occasione dell’uscita del film

Certo, Branagh se la cava abbastanza bene con l’accento… ma per il resto non ci siamo.
Oltre ai problemi già individuati, il suo Poirot è davvero troppo atletico (insegue sospetti di corsa!) e troppo intraprendente (spalanca scene dell’omicidio armeggiando con il bastone come nulla fosse).

Il resto del cast, stellare e pluripremiato al pari del regista, risulta un poco più aderente al suo corrispettivo letterario, sebbene siano presenti alcune licenze che – tutto sommato – non danneggiano troppo la storia (per esempio sono state cambiate le nazionalità originali di qualche personaggio…).

Inspiegabile è, però, la trasformazione dei due Andrenyi che, poverini, sono completamente fuori posizione.

Tuttavia, per quanto si tratti di bravi interpreti, le scarse battute a loro concesse rendono arduo dimostrare la loro capacità [per completezza: Penélope Cruz è Pilar Estravados; Willem Dafoe Gerhard Hardman; Judi Dench la principessa Natalia Dragomiroff e Olivia Colman è la sua cameriera personale; Josh Gad interpreta Hector MacQueen; Derek Jacobi Edward Henry Masterman; Michelle Pfeiffer è Mrs Hubbard; Daisy Ridley Mary Debenham; e Lucy BoyntonSergei Polunin sono la contessa e il conte Andreny].

Il tasto più dolente di tutti, tuttavia, sono gli indizi. Molti sono stati cambiati – e posso comprendere che la scelta sia magari dovuta a motivi di regia -; altri, pur presenti, sono stati modificati troppo, tanto da rendere strane alcune domande di Poirot e senza senso gli indizi stessi.

È il caso, ad esempio, delle lettere minatorie ritrovate nella cabina di Mr Ratchett. Nel romanzo della Christie, queste sono scritte a mano da una grafia strana… tanto che sembra appartenere a persone diverse (forse le stesse due che hanno “dimenticato” il netta-pipa e il fazzoletto?).

Per ricondurre la grafia a uno dei passeggeri dell’Orient Express (e per altri motivi, ovviamente), Poirot chiede a ognuno di loro di scrivere il proprio nome su di un taccuino.

Bene, nel film le lettere sono ricavate da ritagli di giornale (quindi perdono completamente la loro utilità nella ricerca dell’assassino); e Poirot chiede alla sola Mary Debenham di scrivere il suo nome (cosa che perde parte del suo significato originario).

Altro tasto dolente la parte finale. Negli adattamenti che ho citato (ma, in particolare, nella serie televisiva con David Suchet) il tormento e il disagio di Poirot sono forti, prostranti e difficili da accettare. Il senso della giustizia del detective viene duramente messo alla prova.

Ma non c’è nessuno scontro a fuoco (dubito che Poirot lo avrebbe retto con altrettanta rambesca – nel senso proprio di Rambo – noncuranza), nessuna invocazione a una fantomatica Katherine e nessuno “smollo” di responsabilità: Poirot ha già fatto la sua scelta nel momento in cui presenta le due soluzioni alternative.

Insomma, come lettrice sono ovviamente delusa dal risultato complessivo.
Come semplice spettatrice, sebbene possa essere rimasta affascinata dalle ambientazioni e dalla fotografia del film, la storia è lenta, faticosa da seguire e appiattita.


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