I bambini di Svevia

Titolo: I bambini di Svevia
Autrice: Romina Casagrande
Genere: Romanzo
Anno di pubblicazione: 2020

– Ho ricevuto una copia di questo libro –

Se il passato si riaffaccia nella tua vita grazie a un articolo (su di una rivista) che aspettavi da tempo, non puoi ignorare un tale invito. Devi prendere baracca e burattini (e pappagallo) e semplicemente partire.

È quello che fa la quasi novantenne Edna (pappagallo compreso) dopo circa ottant’anni di pacata attesa.

Così la nostra Edna si metterà in cammino da Castelbello (Italia) fino a Ravenburg (Germania) lungo un percorso che si confonderà con un passato sepolto da troppo tempo.

Romina Casagrande ci fa affacciare su di un pezzetto di storia italiana (non così piccolo, in realtà, visto che si protrasse per quasi tre secoli!), quello dei c.d. bambini di Svevia.

La povertà della famiglie da una parte e la necessità di braccianti a basso costo dall’altra determinò questa sorta di “migrazione infantile“:

«Migliaia di bambini (4.000 all’anno nei periodi più duri,
ma troppi di contrabbando per sapere con esattezza quanti)
dai cinque ai quindici anni, per tre secoli, hanno attraversato le montagne.
Soli, con uno zaino sulle spalle, dall’Italia, dal Ticino, dal sud dell’Austria, lasciando paesi poverissimi
e famiglie che avevano venduti, per lavorare nelle righe fattorie dell’alta Svevia.
A volte venivano accompagnati
dal prete del paese perché le associazioni cattoliche li proteggevano,
per quello che potevano, arginando i pericoli.
Ma poi sono arrivati i fascisti, l’italianizzazione forzata, l’obbligo delle scuole e le cose sono cambiate.
L’associazione è stata sciolta. Ma le tradizioni non muoiono.
Sopravvivono insieme alle condizioni che le hanno create:
la povertà, la disperazione.
»
[I bambini di Svevia, Romina Casagrande, Rizzoli, Milano, 2020]

Non sempre le condizioni di arrivo (e di permanenza) nelle fattorie erano propizie, ma alcuni di questi Schwabenkinder decisero anche di restare in Germania dove ricchezze e possibilità erano maggiori rispetto al loro luogo d’origine.

Edna, ex bambina di Svevia, fu tra quelli che tornarono e preferirono dimenticare tutto… o quasi, perché solo di Jacob custodisce ancora il ricordo.

Nel tragitto che l’anziana intraprenderà ripercorrendo i passi che fece da bambina, saranno tanti gli aiutanti e i supporters, ma non mancheranno le difficoltà e gli oppositori.

Insomma in questa storia, che ha più il sapore della favola, il contesto dei “bambini di Svevia” fa da cornice in realtà a una serie di messaggi positivi tra i quali mai arrendersi, non è mai troppo tardi (per imparare, per mantenere le promesse…), affidarsi ogni tanto agli altri – oltre che contare su sé stessi e sulle proprie forze – non è una cosa della quale vergognarsi.

Lo sviluppo è un po’ inverosimile e questo, per quanto Edna sia una vecchietta molto intraprendente e cocciuta, non mi ha fatto apprezzare la storia come invece mi sarei aspettata.

Si tratta comunque di una storia carina e piacevole da leggere con una protagonista tenera, un linguaggio semplice e un messaggio di fondo indubbiamente positivo.

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