Il romanzo ricevette un successo immediato e valse alla sua autrice, Harper Lee, il premio Pulitzer (e questo sì che è un romanzo che vale il Pulitzer!).
In cifre: oltre 30 milioni di copie vendute, in classifica tra i bestseller del New York Times per 88 settimane, tradotto in 40 lingue (Fonte: Feltrinelli.it).
Ad oggi il libro si trova nel 70% delle scuole statunitensi (sebbene sia stato bannato in alcuni istituti perché – tieniti forte – considerato troppo razzista… mah!).
Conobbi per la prima volta Atticus Finch grazie alla magistrale e azzeccatisisma interpretazione (che gli valse l’Oscar) di Gregory Peck.
Da quel primo incontro, Atticus incarna per me un esempio perfetto di avvocato e di persona.
Il suo corrispettivo letterario, ovviamente, non è da meno e, grazie alla penna di Harper Lee, regala perle di vita:
«Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare ugualmente, e arrivare fino in fondo, qualsiasi cosa succeda.»
Diamo, però, per scontato che nessuno di noi abbia mai sentito parlare de Il buio oltre la siepe. Di che parla?
A Maycomb, una cittadina dell’Alabama in cui il più grande passatempo è andare in chiesa e sparlare dei vicini, Atticus Finch si ritrova la difesa d’ufficio di un uomo accusato di violenza carnale su di una ragazza.
Le accuse sono un po’ (tanto) campate in aria, ma il processo si svolge a carico di un uomo di colore, davanti a una giura di uomini bianchi e la presunta vittima è una giovinetta – bianca – ignorante e terrorizzata.
Sostanzialmente il verdetto è già scritto prima ancora che Tom Robinson si sieda sul banco degli imputati.
Il processo scatenerà curiosità morbosa, vecchi pregiudizi e profondi rancori.
In realtà, questo mio riassunto è riduttivo. In primo luogo, perché il clou della vicenda – il processo – occupa solo la parte centrale del romanzo e, all’inizio, il caso giuridico viene solo sussurrato e vagamente compreso da Scout, la narratrice figlia di Atticus.
In secondo luogo, perché accanto alla ricerca di un processo veramente giusto ed equo senza alcuna distinzione per nessuno, si intrecciano tutta una serie di considerazioni ancora attuali: l’essere coerenti e corretti con se stessi, sapersi rapportare con gli altri e imparare a non farsi spaventare da nessuno camminando sempre a testa alta (se si di aver ragione e di aver agito per il meglio), immaginare come sarebbe “mettersi nei panni altrui”.
In poche parole, il mondo è cattivo, ma bisogna imparare a parare i colpi.
Di contro, Il buio oltre la siepe mette in luce e condanna l’ipocrisia dilagante (il tè delle signore e le loro superflue chiacchiere sono solo uno dei tanti esempi presenti nel romanzo); la morbosa curiosità; il godere delle disgrazie altrui; il giudicare gli altri; la religione portata ai suoi estremi; il fanatismo in generale e tutta una serie di comportanti che generano solo pregiudizio e scontro.
E con l’innocenza dei bambini saltano fuori tutte le incoerenze e le ipocrisie degli adulti.
La cittadina di Maycomb è descritta in modo così realistico da risultare un microcosmo pieno di sogni e di desideri, di invidie e di odi.
I posti ci diventano familiari (e sì, ha ragione Jem, sotto gli alberi la terra è più fresca); i personaggi ce li vediamo sfilare davanti come se fossero davvero di fronte a noi.
Dati i contenuti dal grande impatto, Il buio oltre la siepe è una lettura super-consigliata… da tutti compreso l’ex presidente americano Barack Obama che, in occasione del 50° anniversario della pellicola, registrò una breve introduzione alla visione del film.
Di recente, è uscito il discutissimo seguito Va’, metti una sentinella (qui puoi leggere la mia recensione).
Si è speculato molto su questo nuovo romanzo (il Newyorker, di cui parlammo qui, parla addirittura di crollo di un mito) e qualcuno sostiene addirittura che non sia stato nemmeno scritto dalla Lee.
Secondo la mia modesta opinione, si tratta semplicemente di una stesura precedente de Il buio oltre la siepe anche perché, in alcuni punti, la storia presenta alcune incoerenze (qui ti spiego la mia teoria).
Insomma, concludendo: questo è uno di quei libri che non mi stancherei mai di leggere (e, infatti, mi sono pure ascoltato l’audiolibro con Alba Rohrwacher come narratrice… all’inizio ammetto che è un po’ monocorde, ma man a mano che si procede nella narrazione caratterizza molto i personaggi rendendo l’ascolto davvero interessante).
Da leggere e tenere in prima posizione sullo scaffale della libreria.
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