L’Allieva recensione

recensione l'allievaTitolo: L’allieva
Autrice: Alessia Gazzola
Genere: Chick-lit/Giallo
Anno di pubblicazione: 2011

Seguito da: 
– Un segreto non è per sempre;
– Sindorme da cuore in sospeso;
– Le ossa della principessa;
– Una lunga estate crudele;
Un po’ di follia in primavera.

Alice Allevi è una giovane specializzanda in medica legale. Il suo ruolo al momento, come del resto quello di tutti gli specializzandi in medicina e chirurgia, è quello di ingoiare scorrettezze da parte dei medici c.d. strutturati (cioè che hanno già completato il loro periodo di specializzazione e adesso sono assunti a contratto presso una struttura medica).

Insomma, tutto prende una piega – ovviamente – inaspettata quando Alice si reca con Claudio Conforti (uno dei suddetti strutturati di nuova generazione) e la c.d. Ape regina (cioè Ambra, specializzanda come Alice, ovviamente non sto a spiegarti che le due non si sopportano) sulla scena di un delitto.

Ovviamente – questo non è come tutti gli altri e colpirà Alice sul personale (?): aveva, infatti, incontrato la ragazza trovata morta pochi giorni prima in un negozio di abiti. Si erano scambiate qualche consiglio di “bellezza”, ma Alice – ovviamente – era rimasta molto colpita dall’affabilità e dalla presenza della ragazza, Giulia Valenti. Insomma, gli eventi iniziano così, ma ben presto le cose si faranno più “inguaiate”.

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Lo so, l’ho detto tante volte, ma alla fine non lo faccio mai: devo smettere di farmi condizionare!

Avevo adocchiato l’uscita di questo libro, ma avevo deciso che non mi interessava. Poi, la Gazzola è stata definita un talento nato, la punta di diamante cesellata dalla bravura della sua agente letteraria, cui andava il merito della scoperta della perla rara.
Insomma, una cosa tira l’altra e a me è venuta la curiosità di conoscere questo giovane mostro della letteratura italiana.

Detto questo L’Allieva è il romanzo d’esordio di una serie di (al momento) altri tre libri (due sequel e un prequel), a metà tra il chick-Lit e il giallo (argomento che approfondiremo in dettaglio più avanti).
Quindi, ecco quanto segue.

Il linguaggio è fresco e frizzante; tanto che l’inizio della vicenda mi aveva visto a dir poco entusiasta (sì, lo sai che ho un puntino allentato per le cose scritte bene). Tuttavia, dinamiche, battute e momenti imbarazzanti già visti, visti e ri-ri visti sia nella narrazione sia nei rapporti tra i personaggi.

Classici anche i cliché da chick-Lit/romanzetto rosa: c’è lei, un po’ imbranata, ma comunque con un particolare in più (non ben definito… o, comunque, io non sono riuscita a coglierlo) che la distingue dalla massa delle colleghe; e poi c’è lui bello, intelligente, un po’ «gigione», ma fedele come un cagnolino quando si arriva al dunque.
“Frecciatine a tono” lei/lui già note (lei acida, ma ovviamente non troppo convinta ed evidentemente impacciata; lui sagace, anche se saccente, e con la risposta sempre pronta).

Qualche punto narrativo incoerente e poco aderente alla realtà (insomma, su di Alice pende una spada di Damocle parecchio pesante: quella di rischiare di ripetere l’anno – evento più che eccezionale, ai limiti dell’incontro alieno, per gli specializzandi medici – eppure, senza batter ciglio, trova un sacco di tempo da dedicare alla sorella della vittima, Bianca. Ovviamente, questa scelta si rivelerà azzeccata – ma và?! -, ma lo ritengo un aspetto un po’ surreale. E ancora: le intuizioni miracolose di Alice che supera l’esperienza medica dei suoi superiori – e manca poco anche della polizia – e che, nonostante, tutti le remino più o meno contro, resta salda e convita nella sua posizione; la disponibilità di un ispettore di polizia verso una emerita sconosciuta che insiste su di un caso e che, nel mondo reale, sarebbe stata bollata semplicemente come mitomane).

Finale molto deludente e inadeguato (e, in parte, anche questi aspetti hanno contribuito ad abbassare il voto dell’intreccio/fabula verso il basso).

Per quanto riguarda i personaggi. Non è che apprezzi molto quelli tonti, pasticcioni, ingenui e imbranati (quasi ai limiti dell’idiozia) che, presi sotto l’ala di un salvifico benefattore (che decide di “proteggere”, guidare e accondiscendere proprio loro… non si comprende bene per quale recondito motivo data la presenza di alternative decisamente migliori), riescono a farsi strada superando anche colleghi più meritevoli (magari sì antipatici, ma che l’impegno e la costanza ce li mettono).

Quindi, dal mio punto di vista, la protagonista, con il suo vivere su di un piano quasi completamente slegato dal reale, la sua goffaggine che, in alcuni punti, sfocia anche in maleducazione, ect. la rendono il personaggio meno riuscito. È vero che, durante la narrazione, viene spesso citata “Alice nel Paese delle Meraviglie”, ma, ecco, quella era davvero un’altra storia…

Comunque, lo sperare negli altri, il cercare il loro consiglio (e se questo non arriva nei modi e nei tempi da lei richiesti, s’indigna pure!) per risolvere tutti i suoi problemi, rendono la protagonista davvero irritante. Comunque, ripeto, mancanza mia che non riesco ad amare questo tipo di caratteri letterari incapaci e sciocchi ai limiti della decenza umana, ma che inspiegabilmente riescono ad attirare le simpatie, i consigli e le attenzioni di tutti.

Gli altri personaggi possono essere incasellati nei tipici cliché del genere: la “nemica“, acida e sempre troppo perfetta per potersi pensare ad una sorta di pacifica convivenza con la protagonista; il “ganzo“, bello, intelligente, un po’ scostante (per la serie: chi disprezza compra); l'”altro“, vedi sopra, con la differenza che poi resta a bocca asciutta.

Più che un “giallo”, quindi, anche a causa di questi numerosi elementi di genere diverso, lo inquadrerei più come un chick-Lit con vaghe (vaghissime) tracce di giallo (e, a onor del vero, in un paio di interviste che ho ascoltato, la Gazzola si premura di precisare, anche contro gli sforzi del giornalista di turno, che no, lei non ritiene la sua storia un giallo nonostante quello che ne dicano tutti). Il “guaio” è tale “fraintendimento” è comprensibile data la presenza di un cadavere, un’indagine in corso (nella quale la protagonista non fa altro che mettere bocca), polizia, autopsia e svariate analisi mediche e l’inconfondibile finale dei gialli stile classici con il riepilogo dell'”ecco com’è andata“. La presenza di questi elementi rende impossibile slegare completamente il libro dal genere “giallo”.

Riguardo, invece, gli ambienti. Le descrizioni ci sono, anche se non sono comunque niente di così particolare come mi sarei aspettata (considerando che la Gazzola, al suo esordio, è stata osannata come un fenomeno della letteratura italiana). Anzi, per la verità, alcune prive di dettagli aggiuntivi mi hanno anche un po’ lasciata perplessa (come ad esempio questa: «[…] un palazzo bello da togliere il respiro» punto; …mi chiedo: che descrizione è?).

Tutto sommato nella media: nulla di eccezionale, ma nemmeno così orripilante. Si fa leggere con molta leggerezza e semplicità (complice anche un linguaggio molto fresco).
Ripeto ciò che ho già detto a sprazzi lungo questo mio commento. Un raccontino semplice in linea con gli altri dello stesso genere: piacevole (con tutte le accortezze sopra riportate), ma niente di eccezionale.

Due ultime considerazioni prima di chiudere.

La prima: si tratta di un romanzo d’esordio (a cui poi ne sono seguiti altri due – al momento in cui scrivo: Un segreto non è per sempre e Le ossa della principessa – e, recentemente, si parla anche di una serie televisiva. Segni entrambi che un qualche tipo di successo questo libro lo ha avuto). Nonostante l’autrice fosse esordiente, si tratta comunque di esordio importante, poiché dietro c’è una grande casa editrice nonché un’agente letterario importante, quindi credo fosse logico aspettarsi qualcosa di non comune rispetto alla media.

La seconda: in quanto romanzo d’esordio, è stato osservato con molta attenzione e da alcuni è stato definito qualcosa come un esordio con il botto.

Ripeto: non è male (considerando anche che era il primo approccio della scrittrice al mondo editoriale), ma da qui ad osannarlo come un miracolo mi sembra esagerato. O davvero questo è il limite massimo che dobbiamo aspettarci dall’odierna letteratura italiana?

In ogni caso, il mio viaggio con Alice finisce qui… (o forse no?).

valutazione l'allieva


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4 Risposte a “L’Allieva recensione”

  1. La storia leggera anche se come la definisci un po’ scontata in certi passaggi, la leggerezza dell’intreccio che serve a spezzare la catena di letture più intense, la tua recensione molto diretta e sincera…. ecco, mi hai incuriosito e l’ho segnato nella lista dei libri da leggere quest’anno!
    Grazie e buon fine settimana!
    Kly

  2. Non so devo dire che sono un po’ curiosa su questo romanzo anche se mi sono un po’ stancata dei soliti romanzi^_^

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