Il dio della colpa recensione

recensione il dio della colpaTitolo: The Gods of Guilty
Autore: Michael Connelly
Genere: Legal thriller
Anno di pubblicazione: 2013
Titolo in Italia: Il dio della colpa
Anno di pubblicazione ITA: 2015

– Ho ricevuto una copia di questo libro dalla casa editrice in cambio di un’onesta recensione – 

Arrivista, subdolo, ma sagace e dannatamente capace nelle aule di tribunale, Mickey Haller di mestiere è avvocato. Uno bravo, che (purtroppo) non bada molto alla palese colpevolezza dei suoi assistiti; anzi, sembra quasi che più questi siano colpevoli più lui ci guadagni (e provi gusto nel gestire il caso in tribunale).

Tuttavia, questo atteggiamento gli si è già ritorto contro: alle spalle, infatti, si trova due divorzi, una figlia adolescente che non vuole avere nulla a che fare con lui e un sacco di rimorsi.

Tuttavia, ecco che si presenta un caso particolare. Andre Le Carre, di professione pappone informatico, viene accusato dell’uccisione di una delle sue “ragazze”. La polizia ed il procuratore sostengono che lui l’abbia strozzata per ottenere i soldi di un “ingaggio”, che la donna non voleva condividere (nonostante gli accordi). Eppure, sono numerosi gli elementi che non tornano e gli eventi che non combaciano. Ovviamente, il suddetto magnaccia si dichiara innocente. Nessun problema, se non fosse che (forse) questa volta si tratta davvero di un innocente (anche se non si parla certo di una mammoletta). E forse stavolta non sarà così semplicemente dimostrare l’innocenza.

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Interessantissima rappresentazione dei fori americani e dalla giustizia Made in USA, grazie alla quale ci si accorge di come giochi politici, amicizie e accordi sotto banco siano comuni da noi come da loro (ahimè…).

Ovunque ci sia un po’ di potere c’è sempre qualcuno pronto a venderlo, dirottarlo o abusarne. Con la differenza che là è la giuria, il dio della colpa, ad avere la parola finale sull’innocenza o meno dell’imputato. Delizia e croce di ogni avvocato americano, ciò che fa vincere la causa è la rappresentazione che della causa stessa si riesce a fornire alla giuria.

E quindi giù con paternalismi, frasi ad effetto, pause calcolate e mimiche ben studiate. La scena deve impressionare lo spettatore, così il giurato deve essere convito da ciò che la difesa o l’accusa decidono di mostrargli (e dal modo in cui decidono di mostrarglielo).

Seguiamo, quindi, Mickey ed i suoi collaboratori nel difficile compito di reperire informazioni, assemblarle e trovare un sistema piacevole e accattivante per presentarle alla giuria. Insomma, un legal thriller classico ben tenuto e coinvolgente. E sì, ho un puntino allentato per questo genere di cose (^^).

Detto questo, il punteggio sulla trama non può che essere positivo (anche se sono po’ troppi avvocati che prestano patrocini gratuiti e si ritrovano pieni di favori da riscuotere dai clienti che hanno così difeso a gratis). È un po’ prevedibile, ma mi è piaciuto molto il modo in cui viene costruito l’impianto di difesa e che, talvolta, anche strategie provate mille volte posso sgusciare via o prendere una svolta inattesa.

Il personaggio più riuscito è sicuramente il protagonista, che incarna il perfetto esempio di avvocato sciacallo. Ciò che conta sono i soldi e la vittoria in tribunale. Il resto sono facezie. Tuttavia, e nonostante questa sua impostazione, Mickey ha un suo codice morale, i suoi fantasmi ed i suoi rimorsi. Così diventa quasi impossibile, per il lettore, non patteggiare, almeno un pochino, per lui.
Peccano di contro un po’ gli altri personaggi, solo accennati. Da considerare, comunque, che si tratta di una serie (di cui questo è il quinto libro) e che, in ogni caso, anche le esili descrizioni dei comprimari non inficiano sulla struttura della trama.

Discorso simile per gli ambienti: talvolta ben delineati (e, come sai, ritengo che bastino anche pochissimi elementi per ben tratteggiare un paesaggio o un personaggio… insomma, non c’è bisogno di indicare ogni minuzia), talaltra nemmeno accennati (ma, anche qui, immagino che giochi un ruolo importante il fatto che siamo al quinto libro, quindi è possibile che alcuni ambienti siano stati dati per assunti).

Ultima nota: linguaggio congeniale alla narrazione, ma niente di elaborato (e comunque di poco al di sopra della media).

valutazione il dio della colpa


 

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