Perché Istanbul ricordi

perchè istanbul ricordi

Titolo originale: Istanbul Hatirasi
Autore: Ahmet Ümit
Genere: Noir
Anno di pubblicazione: 2020
Titolo in Italia: Perché Istanbul ricordi
Anno di pubblicazione ITA: 2020
Traduzione di: Anna Valerio
Pagine: 612

– Ho ricevuto una copia di questo libro –

Tutto inizia con un cadavere, un importante sovrano del passato, una moneta a questo legato e un luogo storico.

Il fil rouge di tutto sembra essere la città di Istanbul.

Il commissario Nevzat Akman e i suoi giovani collaboratori, Ali e Zeynep, dovranno quindi ripercorre la storia e l’architettura della città partendo dai tempi in cui il suo antico nome era quello di Bisanzio.

Ma il tempo scarseggia e l’assassino (o gli assassini) non hanno alcuna intenzione di fermarsi…

Non conosco bene gli autori turchi (confesso di averne letti solo un paio) e ho approfittato dell’occasione per conoscerli meglio sulla spinta anche di un intreccio che, mescolando storia e giallo, sembrava fatto su misura per me.

Nulla di “obiettare” sulla parte storica: molto interessante e molto precisa, regala sicuramente uno sguardo d’insieme affascinante su di una città ricca di storia (greca, romana, turca).

Lo stesso dicasi per le considerazioni sociali in difesa del ricordo, del patrimonio artitisco-storico e della memoria collettiva che una città così antica indubbiamente possiede e di cui l’autore fa portavoce qualche personaggio a seconda del bisogno.

Anche i personaggi stessi, sebbene incasellati in un ruolo dal quale difficilmente si discostano (il commissario Nevzat è il classico poliziotto onesto in mezzo al marciume con un profondo lutto alle spalle dal quale fatica a riprendersi; il suo braccio destro Ali è la testa calda, etc.), sono comunque piacevoli accompagnatori.

I tasti dolenti, per me, sono venuti con la storia.

L’indagine, che per ben sette volte gira sugli stessi punti e gli stessi due/tre sospetti (rendendo, tra l’altro, palese che nessuno di questi sarà poi il reale colpevole), è diluita in mezzo a scene conviviali della vita privata del commissario che aiutano sicuramente a inquadrare lui e le sue amicizie, ma che alla lunga sono solo ridondanti.

Questo schema ripetuto stanca rendendo il tutto un po’ noioso e facendo perdere l’interesse anche per la soluzione del caso.

Forse con un trecento pagine meno sarebbe stato diverso.

Infine, la conclusione del caso – l’unica di fatto possibile – mi ha comunque lasciata molto perplessa.

Resta comunque un libro ben scritto, con dei personaggi piacevoli e delle considerazioni condivisibili e interessanti, però come romanzo per me, mi spiace, ma è no.

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