Ogni nostra caduta recensione

Titolo: Since we fall
Autore: Dennis Lehane
Genere: Romanzo
Anno di pubblicazione: 2017
Titolo in Italia: Ogni nostra caduta
Anno di pubblicazione ITA: 2017
Trad. di: Alberto Pezzotta

«E sentì riaffiorare un vecchio sospetto, che la vita,
in base all’esperienza che ne aveva fatto fino a quel momento, non fosse che una serie di distacchi.
I personaggi attraversavano il palcoscenico,
altri si trattenevano più di altri,
ma alla fine uscivano tutti.»

Risollevarsi da una brutta batosta è dura. E forse è più dura se pesa ancora addosso l’ingombrante figura materna che ha minuziosamente cancellato ogni traccia di tuo padre dalla tua esistenza; è più dura se tutto sembra sfuggire di mano come granelli di sabbia sospinti dal vento; ed è dura se il tuo tracollo è avvenuto in diretta televisiva.

E allora nascondersi in casa fino a recludersi tra quelle mura potrebbe essere l’unica soluzione.

Ma forse, con calma, si può anche recuperare. Piano piano; un passo dopo l’altro.

Fino a un incontro che potrebbe cambiarti per sempre la vita.

È quello che avviene a Rachel Childs quando incontra Brain, un uomo praticamente perfetto. La dolcezza e la pazienza dell’uomo saranno miracolose per Rachel e i due decideranno di sposarsi.

Ma… la perfezione non è di questo mondo e Brian, in realtà, potrebbe nascondere una vita molto diversa da quella che finora ha mostrato a Rachel.

Ho amato Dennis Lehane con “L’isola della paura” (“Shutter Island“), un thriller adrenalinico capace di gettare il lettore in un campo minato fatto di dubbi e domande.

Con “Ogni nostra caduta” ero convinta di fare una sorta di bis… non di storia ovviamente, ma di suspance, di ritmo e di atmosfere.

Invece, quello che ci troviamo fra le mani è un romanzo profondamente diverso (quindi astenersi categoricamente chi cerca un qualcosa di simile a “L’isola della paura”).

Più pacato e riflessivo – sicuramente meno ritmato -, “Ogni nostra caduta” si concentra moltissimo – soprattutto nella parte iniziale – sul passato (la c.d. backstory) della protagonista Rachel (aspetto che, con un cento/duecento di pagine in meno, si sarebbe ugualmente apprezzato e avrebbe annoiato meno… anche perché molte indicazioni – minuziosamente scansionate – sono inutili per lo sviluppo della storia o ridondanti).

I dettagli e una certa tendenza alla prolissità stagnano la narrazione e mettono a dura prova anche i lettori più pazienti.

Dalla seconda metà, la storia riprende un poco di brio, anche se, per certi versi, è ormai tardi sperare di replicare le atmosfere di “Shutter Island“.

Alcune scelte scadono un po’ in cliché; altre rasentano il paradosso e sembrano occhieggiare a trovate note – e un po’ banali – di alcuni film d’azione americani.

Non vorrei, però, essere sembrata troppo critica. Complessivamente, è un libro (né brutto né bello) che si fa leggere, ma non è un libro che mi aspetterei da Lehane.

Certo, come si dice, non tutte le ciambelle escono con il buco… per cui concediamogli pure una seconda possibilità. Se, però, sei alla ricerca di un primo incontro con questo scrittore non posso far altro che indirizzarti verso altri lidi: e cioè verso L’isola della paura.

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