Nell’antro dell’alchimista

Titolo originale: Burning your boats
Autrice: Angela Carter
Genere: Racconti
Anno di pubblicazione: 1995
Titolo in Italia: Nell’antro dell’alchimista
Anno di pubblicazione ITA: 2019 (nuova edizione)
Trad. di: Susanna Basso e Rossella Bernascone

– Ho ricevuto una copia di questo libro –

Troppo tardi scoprii che esisteva una donna che aveva ridefinito i contorni della classica fiaba tingendoli di femminilità, humor ed erotismo.

Dico tardi perché ormai erano già diventati introvabili – e non è la prima volta che mi capita in realtà… complimenti alla mia tempestività (🙈).

Ma poi Fazi annunciò la ripubblicazione di Nell’antro dell’alchimista (il 2° volume è in arrivo il prossimo anno) e quindi… potevo farmeli sfuggire di nuovo?

Eh… no direi!

Quindi venendo a noi.

Nell’antro dell’alchimista, in questo suo primo volume, comprende tre raccolte che vanno dal 1962 al 1979: Primi racconti, Fuochi d’artificio: nove pezzi profani e La camera di sangue e altri racconti.

Ammetto di essere rimasta più colpita dall’ultima raccolta (da La camera di sangue e Il gatto con gli stivali in particolare) sebbene anche qualcosa di Fuochi d’artificio mi sia piaciuto (tipo Gli amori di Lady Porpora); ci sono storie che non ho capito o che mi hanno lasciata perplessa (tipo La bambina di neve ?).

Quindi un globale sì alla camera di sangue e agli altri della raccolta e un insomma per il resto.

Indubbiamente, però, questa raccolta mi ha lasciato con un impellente bisogno di leggere altro della Carter (per esempio Notti al circo), perché – se c’è una cosa che ho capito confrontandomi con le altre ragazze e ragazzo del gruppo di lettura #leggiAmoANGELACARTER – è che la scrittura della Carter affama.

Donna particolare («È una nota contraddizione quella della gentildonna inglese di mezza età dal tono pacato che quando è provocata bestemmia come un carrettiere» dalla prefazione di Salman Rushdie a Il vuoto attorno, Corbaccio, 1995), la Carter ha il grande merito d’aver donato voce anche al femminile e d’aver saputo intrecciare generi.

Ma è con la riscrittura delle fiabe che la Carter compie davvero la sua magia.

Procedendo con una potente azione demolitoria, le fiabe di questa scrittrice si compongono di metafore, parodie, elementi grotteschi e simbolismo.

Le fiabe, quindi, non sono più quell’elemento borghese buono a insegnare la giusta morale al bambino discolo ma si trasformano in qualcosa di violento, di viscerale.

Al bando la semplificazione, l’animo umano è complesso, contraddittorio, fallace, impulsivo.

Ed è forse l’impulso (curioso, passionale, erotico…) a condurre, nella maggior parte dei casi, i personaggi della Carter al loro destino.

Tra loro spiccano poi una serie di figure dominanti, spesso maschili, che riversano le loro fantasie narcisistiche, la loro violenza e l’inquieto bisogno di carnalità sulla sfortunata di turno (bambina, donna o marionetta).

Ma non è facile guardarsi dalle loro insidie, perché l’apparenza spesso inganna.

La negatività che questi personaggi portano con sé è però compensata da una serie di figure femminili (che sia una madre al galoppo di un destriero a salvare la propria figlia o una donna che parla per enigmi).

È il femminile che, alla fine, riesce a recuperare ciò di cui il maschile l’ha privata (uno su tutte, come esempio, è quello che avviene ne La camera di sangue).

Insomma, la donna è madre in fieri e, come tale, potenziale generatrice di situazioni, relazioni e idee.

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