Maus

Titolo: Maus
Autore: Art Spiegelman
Genere: Graphic novel
Anno di pubblicazione: dal 1980

C’è una branca della letteratura che si occupa di un tema molto delicato e non solo perché esiste ancora qualche demente convinto che non sia mai accaduto nulla ma, proprio perché coinvolge argomenti (ed esperienze e vite) da maneggiare con cautela, e non sempre – e non tutti – riescono nell’intento.

Quindi, c’è una parte di questa letteratura che – a parer mio – tenta un approccio, ma il risultato è così impacciato che risulta poi banale (e fastidioso); e un’altra parte di questa letteratura che, invece, funziona davvero.

Fortemente autobiografico (è basato, infatti, sui racconti del padre di Spiegelman, Vladek, che è anche protagonista della storia), questo romanzo (o fumetto o graphic novel… scegli l’etichetta che ritieni più adatta) fu inizialmente pubblicato a puntate sulla rivista Raw a partire dal 1980 e successivamente raccolto in albi.

In breve, Maus è la storia di Vladek, sopravvissuto di Majdanek Auschwitz; è la storia di una famiglia; è la storia di chi c’è ancora e chi, purtroppo, no; è la storia di odio, di speranza, di salvezza, di morte condivisa da tante – troppe – persone; è la storia fatta di “semplici” decisioni…

Ma è anche il difficile rapporto tra padre-figlio; il dolore e la perdita e la sofferenza senza senso; il carattere di un uomo duro, caparbio, tenace abituato a cavarsela da solo e ad arrangiarsi per strappare il meglio anche da situazioni disperate (e quello che poi ne consegue in una vita tornata alla “normalità”… che la normalità poi è impossibile da riconquistare).

Tutto il fumetto è caratterizzato inoltre da una notevole impronta metaforica e non solo per l’aspetto con il quale l’autore ha deciso di disegnare i suoi personaggi (gli ebrei sono topi; i tedeschi sono ovviamente gatti; gli americani cani; i polacchi maiali).

Insomma, per concludere: questa graphic novel fa parte di quella letteratura che funziona davvero e che va letta non solo per non dimenticare, ma soprattutto per comprendere che dietro ai numeri da prigionieri e i numeri dei milioni morti c’erano (e ci sono ancora) vite.

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