M Il figlio del secolo recensione

Titolo: M Il figlio del secolo
Autore: Antonio Scurati
Genere: Romanzo storico
Anno di pubblicazione: 2018

«È inutile, non c’è niente da fare,
io sono come le bestie: sento il tempo che viene.
»

Chi era il Duce? Da dove salta fuori? Come arriva dove arriva? E perché? 

Be’, all’ultima domanda è sicuramente difficile – se non impossibile – fornire un’unica risposta, ma alle altre risponde, con linguaggio impeccabile e una chiarezza invidiabile, Antonio Scurati con questo suo nuovo romanzo.

Sì, perché nonostante le informazioni contenute in “M” siano tutte storiche e attendibili (sebbene non vi nascondo che ci siano anche alcuni grossi errori… chi mi segue su Instagram sa già di cosa parlo), sempre di narrativa si tratta. 

Una sorta di affascinante incrocio tra narrativa e saggio. Non credevo fosse possibile e, invece, Scurati mi ha dimostrato che si può fare (vedremo poi con quale fortuna… dal mio punto di vista, ovviamente). 

Ogni capitolo cela un evento o un momento della nascita e diffusione del fascismo (si arriva fino all’assassinio di Matteotti del 1924) basato su elementi e dati storici (anche se è un peccato che l’autore, così come spiegò alla presentazione cui partecipai – e di cui trovi degli estratti su IG -, abbia deciso di non inserire una bibliografia per mantenere il tono del romanzo) oppure ci presenta una figura o un personaggio rilevante per la sequenza narrativa.

E, infatti, non c’è solo Benito Mussolini: c’è Filippo Tommaso Marinetti, quello che, a scuola, viene semplicisticamente bollato come “quello del manifesto futurista”; c’è Gabriele D’Annunzio, la sua “vittoria mutilata” e il suo romantico governo di Fiume; c’è John Maynard Keynes con la sua lungimiranza profetica; c’è Luigi Pirandello che prese la tessera del Pnf quattro mesi dopo l’assassinio di Matteotti; poi c’è proprio Giacomo Matteotti, il «socialista impellicciato», questa Cassandra da tutti derisa e poi osannata come martire.

E poi c’è l’Italia. È una nazione, lo so, non può essere un personaggio, ma… lo è. Perché si tratta di un’Italia viva, sofferente, attraversata da correnti e malumori.  

Un’Italia umiliata, disfatta, fatta di rivolte, di comizi in piazza attorno alle statue, di amarezza e delusione, di «sangue e lacrime» di una guerra ancora viva negli animi degli ex combattenti. 

Un’Italia fatta di mezze tacche, di personaggetti, di parolai. Un’Italia, almeno sotto quest’ultimo punto di vista, non tanto diversa da quella odierna.

E poi: la presa di Fiume, le attese e i rinvii, i tentennamenti e le chiacchiere, gli sberleffi e i magheggi, la trasformazione di un embrionale movimento nel maggior partito italiano, un governo (anzi… una serie di governi) procrastinatore, costantemente incapace di far fronte ai problemi sustanziali e attuali.

Insomma, si se vuole approfondire un pezzetto di storia sul quale, in effetti, mai si era romanzato un protagonista così discusso, ve ne consiglio la lettura… con alcuni accorgimenti però.

In primo luogo, gli errori. È vero che, su più di 800 pagine, qualche punto più saltare, ma si tratta qui di un progetto – come rivendicato dallo stesso Scurati – studiato per anni, in modo da avere una solida base documentale. E non vale, a parer mio, la scusa che «M, per quanto fondato su una vasta base documentale, è un romanzo, non un saggio storico». Errare è umano; basta solo ammetterlo senza lasciarsi andare a proclami (precedenti all’articolo di Galli della Loggia).

Comunque, dato che sta venendo fuori – come mio solito – una mega recensione e non ho molto spazio (che poi sennò vi addormento per bene), per indicare i singoli errori presenti nel libro rimando all’articolo di Galli della Loggia, il primo a evidenziare le inesattezze. Cui è seguita una replica dello stesso Scurati.

In secondo luogo, l’episodicità della narrazione. Il libro è corposo e, se non si fosse optato per capitoletti brevi (alternati ad alcuni estratti di lettere, comunicati, articoli di giornale, ect.), non sarebbe stato di agevole lettura (e anche così si ha un fluire molto lento). Ma bisogna un attimo adattarsi allo stile. Personalmente, ho fatto molta fatica ad abituarmi e, ancora a metà romanzo, ho sofferto molto questa narrazione – passatemi il termine – episodica.

Terzo punto: si parla di romanzo e io stessa lo definisco tale, ma si tratta di qualcosa di leggermente diverso. Non può definirsi completamente un saggio, perché i personaggi agiscono in momenti di vita privata, impossibili da definire se non con uno sforzo di fantasia. Per quanto si possa ricavare il comportamento di qualcuno dai suoi scritti o da video o da foto, è ovviamente impossibile ricomporre ciò che ha detto o fatto nell’intimità.
Di contro, però, “M” non è nemmeno completamente un romanzo, perché sussistono numerosi elementi saggistici e il modo in cui vengono proposti e narrati gli avvenimenti, il tono – comprensibilmente – distaccato, quasi super partes si avvicina quasi a monografia.

In conclusione, ammiro il coraggio del progetto e aspetto di vederlo completato (si tratta, infatti, di una trilogia) per poter dare una valutazione finale. Si tratta di un lavoro ambizioso e ammirabile, che va però maneggiato con cura.

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