L’incubo di Hill House recensione

Titolo: The haunting of Hill House
Autrice: Shirley Jackson
Genere: Romanzo
Anno di pubblicazione: 1959
Titolo in Italia: L’incubo di Hill House
Anno di pubblicazione ITA: 2004
Trad. di: Monica Pareschi

Ecco cosa accade quando fai l’abbonamento a Netflix: che la tua reading list si allunga ancora di più in base alle serie tv da vedere (ma di cui prima devi leggere il libro 🤪).

L’ultimo acquisto dettato da questa mia recente Netflix-mania è L’incubo di Hill House.

Vicino a Hillsdale c’è questa villa (di cui, però, nessuno è molto disposto a parlarne) incastonata proprio sotto le colline (quasi che debbano cascarci sopra da un momento all’altro), dalla forma strana (tanto da essere dispersiva).

Il professor Montague è sicuro che a Hill House ci sia qualcosa di soprannaturale, qualcosa da analizzare e verificare scientificamente.

A questo scopo ha affittato la casa dalla proprietaria e ha contattato una dozzina di “assistenti”… si presentano, però, in due (😬): Eleanor Vance, dall’animo fragile e appena entrata in possesso di una nuovissima libertà, e Theo(dora) senza cognome, bella, spudorata e intraprendente.

A loro si aggiunge Luke, scapestrato nipote della proprietaria.

Abiteranno lì a Hill House… anche di notte (azzardo che nemmeno gli storici – e strambi – domestici osano fare). Chissà se la Casa accetterà questa novità…

Ora, ammetto che una mia grossa preoccupazione dall’approcciarmi alla lettura di questo romanzo era se avrei dormito oppure no.

Insomma, Hill House mi si prefigurava come la mia croce dove morti, fantasmi, scricchiolii sospetti, angoscia, brividi, ansia e quant’altro avrebbero sicuramente fatto capolino la notte per disturbare i miei sonni.

Fortunatamente, nada nisba ha turbato le mie notti.

Perché, in realtà, L’incubo di Hill House è più un romanzo gotico che un horror/paranormal.

Tutto muove dalla diffidenza dei paesani (che ricordano un po’ i villici di Dracula), dalla profonda stranezza dei domestici (della signora Dudley in particolare, con la sua sinistra nenia “io sparecchio alle dieci“) e, soprattutto, da Eleanor e la sua incostanza e fragilità… perché, alla fine, questa Hill House è davvero infestata oppure no?

Forse… ?

Ma, nonostante l’essenza di Hill House non venga mai definita per davvero (e di questo – confesso – un po’ mi è rimasto l’amaro in bocca), ciò su cui si punta di più sono i personaggi, le loro sensazioni, le loro impressioni e le loro incertezze.

E su questo tanto di cappello alla Jackson che, oltre a scrivere con ironia e sagacia, è anche in grado di rendere bene le descrizioni delle inquietati colorazioni di casa Crane.

Insomma, ve lo consiglio? , se cercate un romanzo gotico che ricrei quell’atmosfera un po’ in stile Ann Radcliffe; se siete curiosi di conoscere colei che ha ispirato Stephen King e se, in generale, pensate di poter apprezzare (o apprezzate già) i toni usati dalla Jackson; no se l’introspezione, il dubbio e poi un nulla di fatto non fanno per voi.

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