L’incredibile storia dell’uomo che dall’India arrivò in Svezia in bicicletta per amore recensione

Titolo: New Delhi-Borås
Autore: Per J Andersson
Genere: Biografia
Anno di pubblicazione: 2013
Titolo in Italia: L’incredibile storia dell’uomo che dall’India arrivò in Svezia in bicicletta per amore
Anno di pubblicazione ITA: 2018
Trad. di: Giulia Pillon e Alessandra Scali

– Ho ricevuto una copia di questo libro in cambio di un’onesta recensione –

Tutto comincia come in un film di Hollywood (o Bollywood, visto dove siamo): in una giungla indiana, in un’umile capanna, lo stesso giorno della nascita del profeta dei cristiani, un bimbo appena nato sta per ricevere la sua profezia personale dall’astrologo del villaggio.

La profezia sostiene che il futuro di questo bambino sarà quello di sposare una donna di un’altra tribù, di un altro villaggio, provincia, stato, nazione. La donna in questione sarà una creatura musicale, del segno del Toro e possiederà una giungla.

Prima un arcobaleno spunta sopra la testa del bambino; qualche settimana dopo un cobra, animale sacro, gli si infila nella cesta dove dorme senza ferirlo. Insomma… il destino di questo bambino pare essere già tracciato e sicuramente splendente.

Ma gli anni passano; la donna delle profezia non si vede da nessuna parte e intanto Jagat Ananda Pradyumna Kumar Mahanandia, per gli amici Pikej (o PK), deve barcamenarsi in un’India piena di pregiudizi e ingiustizie.

Perché lui è un fuori casta: va bene se i compagni di classe lo isolano e corrono a lavarsi se per errore entrano in contatto con lui; va bene che lo battano con il bastone; va bene che i fondi stanziati per la sua borsa di studio all’università vengano intascati da un burocrate corrotto.

La storia di Pikej parte davvero con le migliori premesse: una profezia che promette una storia d’amore eccezionale, un’India magica e piena di segreti, una vita fatta di ingiustizie e prevaricazioni dalle quali non si aspetta altro che il protagonista (determinato e quasi-incrollabile) riesca a riscattarsi.

A tutto questo si aggiunga anche che il nostro non è un semplice “protagonista” di un libro, ma è una persona in carne e ossa (con la sua personale pagina Facebook, per la cronaca).

E la sua storia vale davvero la pena di essere raccontata, perché non c’è solo il viaggio Nuova Delhi-Borås in bicicletta (una buona parte almeno): c’è anche la conflittualità della società indiana; l’incentivazione dell’ingiustizia sociale; ci sono le difficoltà (economiche, spirituali e quelle “terrene” come lo “scontato” bisogno di mangiare); c’è l’amore per l’arte e il disegno e la pittura; c’è lo scontro – brusco, cattivo – con la realtà che non sempre permette di realizzare i propri sogni; c’è l’incontro con personalità di spicco (per es. Indira Gandhi).

E alla storia di Pikej ci si affeziona per tutto questo: perché è vera.

PK e Charlotte Mahanandia. Immagini tratte da BBC.com

Ma il guaio – temo – sia avvenuto in fase di realizzazione. La vicenda, così come raccontata da Per J Andersson, assume più i contorni di un distaccato rapporto giornalistico, fatto per dovere e non molto sentito dal narratore.

Si parte con un resoconto dell’infanzia dei due protagonisti (con un rapporto 10 a 1 in favore in Pikej; a Charlotte – Lotta – si dedica solo qualche rapida pagina) per proseguire con l’età adulta.

Pikej affronta tutte le problematiche che ho indicato poco sopra (anche se con rigoroso distacco professionale da parte del narratore che non riesce a coinvolgere il lettore); Lotta semplicemente procede con la sua vita senza troppi scossoni da perfetta ragazza bianca (o, comunque, il narratore non si impegna molto a rendere interessante la vita della bionda svedese, che sembra più un incostante fantasma che prende consistenza proprio prima dell’incontro con Pikej per poi aleggiare misterioso fino a quando lui non arriva in Svezia).

Poi ecco il giorno dell’incontro tra i due: il clou del libro, no?

No… La storia d’amore è abbozzata molto approssimativamente, stropicciata in poche righe e mal approfondita come se il lettore si dovesse accontentare di un semplice “si sono visti e si sono piaciuti… e poi c’è la profezia, ricordi?“, quando invece dietro ci sarà stato un mondo dietro: il diverso approccio alla vita, la differente educazione, le società di provenienza culturalmente e socialmente diverse, la diversa quotidianità dalle piccole alle grandi cose e moltissimo altro.

La parte finale, scritta in prima persona, ha un sapore diverso rispetto al resto del libro: più intimo e  un po’ più “sentita”. Ma si tratta di poche pagine finali che non riescono a recuperare l’intero romanzo.

Ciò, infatti, non scrolla via la sensazione di apatico distacco che permea un po’ tutto il romanzo.

Peccato perché poteva rivelarsi davvero un bellissimo libro.

Ah… p.s.:  qualcuno dia il mio numero all’astronomo, perché potrebbe essere davvero utile! XD


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