L’eredità delle dee recensione

Titolo: Zítkovké bohynė
Autrice: Katerina Tučková
Genere: Romanzo
Anno di pubblicazione: 2012
Titolo in Italia: L’eredità delle dee
Anno di pubblicazione ITA: 2017
Trad. di: Laura Angeloni

Uno degli aspetti che mi piace di più del Salone è poter girellare tra gli stand (quest’anno, purtroppo, non ho avuto il tempo per gironzolare molto) e scovare titoli interessanti.

Tra le scoperte di quest’anno, rientra indubbiamente Keller editore che mi ha attirato con una serie di titoli (ve ne parlo meglio qui); alla fine, ho optato per L’eredità delle dee.

Siamo sui Carpazi bianchi, in questo villaggio (Zítková) isolato, ancora un po’ arretrato, molto legato alle tradizioni e alla religione.

Qui abita una particolare stirpe di donne in grado di curare, leggere il passato e scrutare il futuro, scacciare le tempeste e, alla bisogna (ma sarebbe meglio di no se non si vuole essere bollate come perfide fattucchiere), maledire e lanciare anatemi contro la gente.

In molti credono nelle strabilianti doti di queste donne, chiamate dee; non solo gli abitanti delle zone limitrofe, ma anche stranieri provenienti dall’Austria e, a un certo punto della storia, pure dalla Germania (nazista).

Ma siamo ancora all’inizio. Di tutto questo, Dora, nostra protagonista nonché ultima discente di una di queste divine guaritrici, non sa ancora nulla.

L’unica cosa certa è che la sua famiglia è andata completamente distrutta dopo che la zia Surmena (che si occupava di Dora e del fratello dopo la tragica fine della loro madre) è stata rinchiusa in un manicomio perché ritenuta pericolosa per la società.

Inizierà così un lunghissimo percorso tra carte e documenti secretati, regimi e influenze diverse (prima nazista e poi socialista), rancori e faide familiari (e non) che porterà Dora ha conoscere le sue origini, quelle delle dee e la causa delle loro sventure.

Leggere questa storia della Tučková è stato davvero interessante: i continui flashback, tra ricordi di Dora e scoperte ricavate dai documenti che la stessa analizza, ci portano davvero a spasso nel tempo (gli eventi coprono, alla fine, quasi un secolo intero: dalla prima metà del ‘900 fino agli anni ’90) donando ritmo alla narrazione.

Si tratta poi di eventi basati su documentazione e storie reali (i nomi e, talvolta, i luoghi sono cambiati).

Gli eventi sono numerosi (a un certo punto si viene, forse, un po’ sommersi); le storie personali profonde e messe in mano a personaggi curati (anche quando restano sulla scena per poco tempo); raccontate poi con grande capacità e coinvolgimento.

L’unica pecca – se proprio devo trovarla – è che, soprattutto verso la fine, ci si dilunga un po’ nella spiegazione di elementi già chiari e l’ulteriore precisazione diventa un pochetto ridondante (eliminare qualcuno di questi passaggi non avrebbe fatto male, dal mio punto di vista, alla scorrevolezza della storia).

Comunque, una lettura che consiglio a chi ama le storie vere e (ben) ingarbugliate; a chi sa che, a volte, la fatalità si accanisce sui soliti disgraziati; e a chi piace conoscere elementi etnografici, di costume e usanze vicine a noi.

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