La torcia

la torcia

Titolo originale: The Firebrand
Autrice: Marion Zimmer Bradley
Genere: Retelling mitologico
Anno di pubblicazione: 1987
Titolo in Italia: La torcia
Anno di pubblicazione ITA: 2021
Traduzione di: Alba Bariffi
Pagine: 633

– Ho ricevuto una copia di questo libro –

Grandi eroi, epici scontri, il divino che interviene sul campo di battaglia per proteggere o condannare una delle due parti in campo.

In una parola: Iliade.

Ma Marion Zimmer Bradley ci ricorda, ancora una volta, che la storia narrata non è solo una e che sotto il mito e la leggenda c’è anche altro.

Ed è così che torniamo a Troia, questa volta dal punto di vista di Cassandra, la sacerdotessa maledetta dal suo stesso dio.

La incontreremo – in una località non meglio precisata – ad anni di distanza, quando ormai tutto è finito (un po’ come Morgaine ne “Le nebbie di Avalon“) e finalmente deciderà di raccontare la sua versione del canto omerico.

Ed è così che La torcia riprende le vicende narrate nell’Iliade (anche nelle versioni opportunamente dimenticate) ma non ne è necessariamente e in tutto fedele (per esempio Cassandra e Paride non erano gemelli e anzi fu proprio lei a pronosticare che Paride sarebbe stato la rovina di Troia; Pentesilea ed Ecuba non erano sorelle; …).

Ho citato Le nebbie di Avalon poiché, sebbene diversi, i due romanzi si assomigliano nel riprendere i temi cari all’autrice (forte punto di vista al femminile; dea madre; società profondamente maschilista).

Anche qui ho apprezzato il ribaltamento dei canoni che ricorda finalmente l’esistenza della presenza femminile, elemento mai considerati prima da buona parte della letteratura (e in effetti Zimmer Bradley ha fatto strada in questo).

Si tratta di figure con una propria dimensione e una propria individualità sebbene, alla fine dei conti, siano anch’esse impotenti vittime di un destino ineluttabile.

La differenza – che ho apprezzato – è che non tutte qui vogliono essere amazzoni indipendenti; ad alcune va bene anche avere un marito a cui sottomettersi e dei figli a cui dedicarsi fino a quando il padre non deciderà altrimenti.

Altro spunto interessante che andrebbe considerato (e insegnato) è una visione diversa della guerra che non è gloria né epicità perché non c’è nulla di glorioso o epico in un gruppo di uomini che si ammazza tra loro, che stupra, uccide, ruba e distrugge.

Detto questo, tuttavia, ci sono alcuni passaggi che ho apprezzato meno.

Se – dicevo poco sopra – che per i personaggi femminili c’è una dicotomia che le differenzia tra coloro che vogliono una certa indipendenza e quelle a cui non interessa, il comparto maschile – salvo un paio di eccezioni – è legato alla prevaricazione, alla violenza, al maschilismo estremo e oppressivo e di lì non si scosta.

Visione molto cupa che non ammette dialogo tra le parti (o noi o loro insomma) che mi ha dato da pensare molto anche alla luce di quello che ho scoperto sulla storia personale dell’autrice.

Certi discorsi, col senno di poi, li ho trovati quindi un po’ inquietanti; ma forse sono solo io che ci ho voluto vedere un significato più “personale”.

A prescindere da ciò che c’è dietro, devo ammettere di aver fatto molta fatica a proseguire la lettura della parte centrale del romanzo: l’ho trovata ridondante e ripetitiva.

Spesso i personaggi – Cassandra in particolare perché è lei che seguiamo lungo tutta la vicenda – compiono le stesse azioni e si aggiornano su eventi già detti o conosciuti al lettore non apportando nulla di nuovo né all’evoluzione della trama né allo sviluppo dei personaggi.

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