La forchetta, la strega e il drago recensione

Titolo: The fork, the witch and the worm
Autore: Christopher Paolini
Genere: Racconti fantasy
Anno di pubblicazione: 2018
Titolo in Italia: La forchetta, la strega e il drago
Anno di pubblicazione ITA: 2019
Trad. di: Maria Concetta Scotto di Santillo

Quando è venuto fuori che Paolini aveva rimesso in circolo le storie e i personaggi di Alagaësia, non sono riuscita a resistere e, il giorno dell’uscita, a un “vecchio” fan della saga qual è mio fratello ho deciso di regalare questo volumetto.

Breve sguardo d’insieme per cominciare: il titolo preannuncia quelli che saranno i temi delle storie che ci riporteranno ad Alagaësia (il secondo racconto è stato scritto dalla sorella dell’autore, Angela Paolini, ed è naturalmente dedicato ad Angela l’erborista).

È passato qualche anno dagli eventi finali del Ciclo dell’Eredità (nessuno spoiler), Eragon, con la federa Saphira al fianco, sta costruendo la nuova roccaforte dei Cavalieri dei Draghi aiutato da nani, elfi, umani e i-non-più-così-temili Urgali.

Ovviamente, incontra qualche problema burocratico, un po’ di stanchezza, noia, tensione, ect. e gli Eldunarí, le coscienze dei draghi rimasti senza corpo, lo aiutano a trovare un po’ di pace facendo così partire il primo dei tre racconti: quello della forchetta.

E qui mi fermo per evitare spoiler, ma ogni racconto viene introdotto da una breve “scenetta introduttiva” in cui a farla da (fugace) protagonista è sempre il nostro Eragon, cresciuto sì ma con ancora tanto da imparare… in fondo resta sempre un cucciolo d’uomo.

Dopo letture sfalzate e una sessione di commenti, abbiamo raggiunto il seguente verdetto (parlo al plurale solo perché questa volta ho il contributo di un secondo lettore: mio fratello).

Ovviamente, fa piacere per chi ha amato la saga (che, comunque, non è mai stato un capolavoro, ma si è dimostrata un intrattenimento piacevole) ritornare ad Alagaësia, ma…

i racconti sembrano più che altro fugaci prodromi poco-ben-mascherati di quello che probabilmente avverrà in un futuro prossimo: un nuovo romanzo (o una serie di nuovi romanzi?).

Quindi fa sì piacere ritrovare i personaggi che ci avevano accompagnato nella saga principale, ma manca completamente un plus ai racconti che si riducono così a semplici parentesi, piatte e che poco aggiungono al complesso.

L’ultimo racconto in particolare, sebbene paia sia il primo a esser stato scritto come “storia a sé”, è soporifero (entrambi abbiamo impiegato più tempo a leggere quest’ultimo che non l’intera parte precedente).

Viene introdotto con l’artificio di essere una sorta di ballata (o storia orale o leggenda) tramandata dagli Urgali, ma è troppo lunga, piena di inutili particolari e priva, alla fine, di un senso da risultare piacevole da leggere.

Affetto per la saga okay, ma si poteva (anzi, forse, si doveva) far di meglio.

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