La città di ottone

Titolo originale: The city of brass
Autrice: S.A. Chakraborty
Genere: Fantasy
Anno di pubblicazione: 2017
Titolo in Italia: La città di ottone
Anno di pubblicazione ITA: 2020
Trad. di: Lia Desotgiu

– Ho ricevuto una copia di questo libro –

Questo libro evoca notti d’Oriente, intricati turbanti, sabbia del deserto; non a caso avremo tappeti volanti, jinn intrappolati in “minuscoli spazi vitali” e magia di ogni tipo.

Nahri, per il momento, non sa nulla di questo questo e si barcamena come meglio può per portare a termine le sue giornate nella città de Il Cairo: qualche elisir, qualche guarigione e – ma più raramente – un bell’esorcismo.

Diciamo pure che Nahri è una specie di frode… o forse no?

Perché durante la zār – la cerimonia per scacciare gli spiriti maligni – Nahri evocherà involontariamente un mega guerriero misterioso e super affascinante di nome Dara (etc. perché il nome è più complesso) che la salverà da una specie di non-morto.

E insomma c’è altro, ma in breve i due (o meglio Dara) decideranno di ripiegare a Daevabad, la leggendaria città di ottone.

A Daevabad, c’è il principe Alizayd al Qahtani (per gli amici solo Ali).

Con lui, inizieremo a farci un’idea di quello che aspetta Nahri nella magica città dei daeva (o jinn… attenzione perché c’è differenza!).

L’alternanza di pov ci accompagnerà per tutto il libro, ma devo dire che le parti di Nahri sono indubbiamente più interessanti di quelle dedicate al giovane principe; anche se l’avventura della protagonista femminile fatica a decollare.

Diciamo che un po’ di brio arriva solo oltre metà del libro (quando finalmente Dara e Nahri riescono ad arrivare a Daevabad), ma nel complesso ho trovato la storia molto sottotono rispetto alle aspettative che mi ero fatta.

Un ritmo lento, personaggi piatti e stereotipati che portano a evoluzioni prevedibili.

Sì confesso: l’idea di un fantasy arabeggiante mi intrigava davvero molto e mi spiace averla trovata molto meno affascinante di quello che credevo.

Non aiuta una certa confusione iniziale nel corretto etichettamento tra jinn e daeva legato a una complessa storia pregressa di cui sentiremo diverse versioni e di cui riceveremo vari aggiornamenti diluiti lungo la storia (il che forse non aiuta a farsi un’idea precisa) e una società fatta di caste, magie, differenze culturali e politiche non immediate da inquadrare.

Sicuramente sul finale si migliora, ma non abbastanza per risollevare le 500 pagine di storia…

 

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