John Carter e la principessa di Marte recensione

john carter e la principessa di marte recensioneTitolo originale: A Princess of Mars
Autore: Edgar Rice Burroughs
Anno di pubblicazione: 1912
Genere: Fantascienza
Titolo in Italia: John Carter e la principessa di Marte/Sotto le lune di Marte
Anno di pubblicazione ITA: 1973
Trad. di Giampaolo Cossato e Sandro Sandrelli

Reduce dalla guerra di secessione, John Carter si ritrova con centinaia migliaia di dollari, ahimè, confederati e, quindi, senza alcun valore.

Con l’amico e compagno d’arme James K. Powell decide di fare qualcosa per risolvere la propria situazione e così i due s’improvvisano cercatori d’oro. Le conoscenze minerarie dell’amico permettono ai due di scovare una favolosa vena di quarzo aurifero, così vasta e profonda da rendersi necessario aumentare i loro strumenti e magari anche aggiungere un po’ di manodopera. Separatosi da poco dall’amico per ricercare questo aiuto, il capitano Powell viene inseguito da un gruppo d’indiani Apache.

Carter nota qualcosa di strano all’orizzonte e immagina già il disastro. Infatti, quando lo trova, il cadavere dell’amico giace al centro di un villaggio indiano attorniato da alcuni guerrieri. John non può sopportare uno scempio al corpo senza vita dell’amico; fa irruzione nel villaggio caricando al galoppo e disperdendo così gli indiani, recupera l’amico e fugge. Ma gli indiani gli sono alle costole. John si rifugia in una grotta e lì, prima ancora che ne se renda conto, il suo corpo si paralizza. Gli inseguitori sono davanti a lui, ma proprio mentre lo stanno per agguantare un suono animalesco li fa fuggire.

Ed ecco, adesso John è davvero nei guai: il suo corpo è immobilizzato da chissà quale strana sostanza, il cadavere dell’amico gli fa compagnia nella grotta assieme a una strana creatura così spaventosa da far fuggire anche quei terribili guerrieri Apache. Ma la prospettiva cambia improvvisamente, John vede il suo corpo immobile nella grotta e lui… lui gli è accanto? Possibile?

Di lì a poco, il suo concetto di possibile accuserà parecchi duri colpi. Le stelle lo chiamano e, in men che non si dica, John Carter della Terra approda su Barsoom, il pianeta rosso… Marte.
Un attimo: non è solo. Strambi ominidi verdi con sei arti gli sono vicini… e sembrano non avere per nulla buone intenzioni…

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Primo di una serie di undici libri (d’oh!), John Carter e la principessa di Marte è un classico della letteratura di fantascienza.
La Marvel (e molti altri) ne hanno tratto numerosi fumetti; James Cameron ha dichiarato di essersi ispirato ai romanzi di Burroughs per la trama del suo Avatar [fonte: Wikipedia].
Tuttavia, Burroughs è scarsamente conosciuto (se non tra gli amanti del genere); anche se un recente film Disney (John Carter di Marte) l’ha un po’ riportato in auge.

john carter locandina

Venendo a noi.

La vicenda parte con un artifizio ormai noto, ma che io apprezzo sempre, perché spizza subito il lettore, inducendogli nel cervello quel sottile tarlo che si chiede: «Oddio, e se qualcosa di vero ci fosse?». Nella premessa, infatti, l’autore sostiene d’aver trovato il manoscritto che andremo a leggere e che contiene tutte le storie scritte proprio dal pugno di John Carter a futura memoria. Prosegue poi con le parole di Carter (quindi, prima persona singolare).

È innegabile avvertire un certo alone di “passato”: l’eroe senza macchia che agisce con coraggio non per farsi bello, ma solo perché così è la sua natura; un territorio ostile su cui mai uomo ha messo piede; tribù indigene bellicose e dalle strane usanze; una splendida principessa di sole collane vestita.

Ma, ehi, siamo nel 1912 (anzi, è da considerare che è stato scritto nel 1911)!

Con una prosa molto semplice, chiara e diretta, Burroughs ci accompagna nei meandri di Barsoom, creando una vicenda, sebbene non intricata per quanto riguarda l’evoluzione della storia o le dinamiche tra i vari personaggi, sicuramente geniale per il suo tempo.
Insomma, inventarsi una storia per Marte con tanto civiltà simili che si scontrano l’un l’altra, particolari architetture… no, un attimo, inventarsi anche solo la possibilità per l’uomo di finirci su Marte! Già solo questo mi sembra un elemento di strepitosa originalità. Insomma, al massimo, nel 1912, l’uomo era appena arrivato al Polo Sud!

Detto questo, qualche “criticità” c’è, come scrivevo poco sopra, soprattutto con riferimento alle dinamiche tra i personaggi.
John Carter è l’eroe, il cui compito è quello di salvare, proteggere, amare e idolatrare la bella principessa dal nome impronunciabile Dejah Thoris (figlia, civilizzata, di numerose nobili stirpi).
Gli aiutanti (un po’ bistrattati): la materna Sola e il fidato Woola, il coraggioso Tars Tarkas e il non-ben-inquadrato Kantos Kan (ci sono, infatti, alcune parti che non ho ben compreso… come il mancato incontro con Carter dopo i giochi nell’arena).
C’è spazio anche per la loro di storia, ma un po’ rapidamente e un po’ di sfuggita. Del resto, non sono loro i protagonisti.

Comunque, ecco, concludendo: l’idea alla base è geniale… non trovo altre parole per indicare un uomo che, nel 1912, ha immaginato l’arrivo su Marte, abitato da strane creature e numerose tribù.
Certo, si avvertono le “vecchiezze” che a noi, oggi, fanno un po’ storcere il naso: una certa scontentezza nell’evoluzione della storia, nelle dinamiche in generale; una prosa, sebbene cristallina, molto molto semplice; qualche descrizione che ricorda gli antichi romani o gli antichi greci/minoici; e la classica tripartizione eroe (forte, sopra la media, e coraggioso, sopra la media), la pulzella in pericolo (bella, bella, bella e, ovviamente, innamorata) e gli altri.

La ritengo una lettura quasi obbligatoria per chi ama la fantascienza, quindi se ti interessa, puoi leggerla gratuitamente (e legalmente) qui.

valutazione john carter e la principessa di marte


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