Gli amici silenziosi recensione

Titolo: The silent companions
Autrice: Laura Purcell
Genere: Romanzo
Anno di pubblicazione: 2017
Titolo in Italia: Gli amici silenziosi
Anno di pubblicazione ITA: 2018
Trad. di: Ada Arduini

– Ho ricevuto una copia di questo libro in cambio di un’onesta recensione –

1865. Per un maligno scherzo del destino, Elsie, a solo un mese dalle nozze con Rupert Bainbridge, si ritrova non solo vedova di un marito che avrebbe anche potuto amare (forse… un giorno)… ma pure in dolce attesa.

A Londra già le chiacchiere si sperdono e, su direttiva del fratello Jolyon, Elsie si trasferisce nell’antica tenuta di famiglia del marito, The Bridge.

L’arrivo non è dei migliori: fango, nebbia, fittavoli diffidenti e denutriti, edifici in rovina e una servitù affatto avvezza ad avere a che fare con una signora (da quarant’anni non si ne vedeva una a The Bridge!).

Insomma… il quadro non è incoraggiante.

A questo si sommi pure l’inevitabile compagnia di una cugina del marito, Sarah, ultima parente dell’uomo ancora in vita: una zitella noiosa, poco interessante e pure un poco petulante.

E non è finita qui: la casa è polverosa, decadente, piena di rumori, macabro teatro – a quanto pare – di una serie di ritrovamenti di eventi violenti (per questo i locali preferiscono tenersi a debita distanza).

Ma non basta: nel solaio, inspiegabilmente chiuso a chiave, Elsie e Sarah rinvengono una tavoletta di legno, di dimensioni reali, raffigurante una bambina e un diario di un’antenata dei Bainbridge. A quanto pare quel dipinto così realistico da far paura fa parte di una collezione più vasta chiamata “Gli Amici silenziosi“.

Confesso che la prima cosa che mi ha attirata di questo libro è stata la copertina con quella finta serratura e l’occhio che spunta attraverso… insomma: impossibile non innamorarsi a colpo d’occhio.

Leggendo poi la quarta di copertina… nient’altro da dire: Laura Purcell mi aveva conquistata. Restava solo da vedere se l’autrice avrebbe garantito così alte promesse.

L’ambientazione è una di quelle per le quali ho davvero un grave tarlo (= Inghilterra, 1800… anzi 1865-66 per la precisione), una famiglia facoltosa (con un retaggio nobiliare alle spalle) e una grande tenuta da rimettere a nuovo.

La perfezione per me insomma.

Ma non finisce qui, perché va sommato anche: il misterioso passato della nostra narratrice Elsie, le cui mani sono state bruciate da un incidente in fabbrica; il presente della stessa che incontriamo con «capelli rasati, che crescevano a ciuffi da un cuoio capelluto maculato», la pelle tesa e gli occhi dalle palpebre cascanti; e un doppio passato narrativo quello di Elsie che, su consiglio del medico che la segue, scrive la sua storia in terza persona e quello di Anne, l’antenata dei Bainbridge il cui diario (scritto nel 1600) darà il via a un serie di eventi a cascata impossibili da fermare.

Più: l’evoluzione del rapporto tra alcuni personaggi (quello di Elsie e Sarah in particolare), l’involuzione di altri, il dolore e le sfide di una donna in un ambiente sociale tendenzialmente ostile, il suono del legno che sfrega.

Alla fine, la storia trascina in un vortice di rumori, sensazioni, sospetti, movimenti intercettati con la coda dell’occhio… e diventa praticamente impossibile lasciarla.

Anche perché a parte chiedersi costantemente che cavolo stia succedendo a The Bridge resta un’altra domanda: sarà davvero così come ce lo descrive Elsie? Oppure la storia potrebbe avere altri punti di vista, altre spiegazioni?

Perché, si sa, le donne sono soggette a gravi attacchi di isteria… magari qui a The Bridge, vista la predominanza femminile nella casa, si tratta solo di una specie di macabro scherzo o di fantasia collettiva…

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