Emma: equivoci e colpe della signorina Woodhouse

«È cosa universalmente nota e riconosciuta che»(1) gli scritti e le opere di Jane Austen affascinino da generazioni. Si può amare la sua penna; la si può anche odiare in verità, ma è innegabile l’impatto che tutt’oggi subiamo noi lettori dai suoi scritti.

Complice sicuramente anche la figura dell’autrice velata dal mistero di lettere bruciate(2) e da sommesse relazioni mai sbocciate(3), l’aura di fascino romantico che circonda la Austen aumenta ed il nome della scrittrice non sembra assolutamente destinato all’oblio letterario.

Alcuni ritengono questo di dipinto come l'unico ritratto professionale - cioè di un pittore professionista - di Jane Austen. Per maggiori dettagli, visita questa pagina.
Ritratto di Jane Austen eseguito da Ozias Humphry, 1788. Alcuni ritengono questo dipinto come l’unico ritratto professionale – cioè eseguito da un pittore professionista – di Jane Austen. Per maggiori dettagli, visita questa pagina.

Sebbene i suoi c.d. scritti canonici(4) siano solo sei, su ognuno di essi sarebbe possibile scrivere dei meravigliosi trattati. Si potrebbe, infatti, parlare dell’ironia, talvolta celata, che percorre ogni rigo e s’intreccia, avvinghiandosi, alla spina dorsale di ogni romanzo; oppure si potrebbe discorrere dello spirito, dell’indolenza, della forza, della grandezza o della pochezza, dell’irriverenza di alcuni personaggi rispetto ad altri. E, sicuramente, soffermarsi sull’originalità dei caratteri femminili, decantarne i pregi o aborrirne i difetti(5), porterebbe via il sonno non solo agli studiosi, ma anche al più anonimo dei lettori.

Tuttavia, forse tra quest’ultimi, come la stessa Austen temeva(6), potrebbe nascondersi, ancora oggi, un detrattore di uno dei personaggi femminili più discussi creati dalla penna di questa autrice: Emma Woodhouse.

Insomma, a primo impatto, non si può certo non concordare con la Austen. Il suo personaggio, effettivamente, sembra il prototipo perfetto per ingenerare antipatia nel lettore. Carattere particolare e ricco di difetti, Emma gode di ogni fortuna: benessere economico, bellezza e una libertà, per molte sue coetanee, assolutamente impensabile. Tuttavia, la piccola Woodhouse, viziata e un po’ saccente, cade in errori, equivoci e fraintendimenti e sembra quasi gettare tutte queste sue fortune al macero, implicandosi in pasticci che nemmeno la riguardano.

Generatore quasi inconsapevole e, talvolta, incolpevole degli eventi che immancabilmente sfuggono dal suo controllo, Emma, fulcro del suo piccolo mondo, catalizza – o, meglio, crede di catalizzare – desideri e passioni dei suoi comprimari, convinta di averne compreso le più piccole sfaccettature dell’animo. Ed ecco come s’ingenera l’equivoco(7), antagonista indiscusso della povera signorina Woodhouse. Con ordine, lo screanzato prima la convince dell’amore silenzioso del reverendo Elton verso l’amica Harriet, il quale punta le sue frecce a ben altra preda; poi lo stesso subdolo errore la convince, invece, della pulsione di Frank Churchill verso lei stessa, sebbene questi miri, invece, alla pacata e sensibile Jane Fairfax. E ancora: gli equivoci girano come un motore a pieno ritmo, facendo imboccare alla disgraziata Emma svolte sbagliatissime.

emma - citazione
«Mr. Knightley ama trovare difetti in me, si sa – nello scherzo – è tutto uno scherzo. Diciamo sempre ciò che ci piace l’uno dell’altro.»

Così, come spiega Loretta Innocenti nel suo articolo(8), Emma può ben essere definito come «il racconto di una serie di errori di interpretazione, […] che per certi critici riflettono quelli del lettore»(9). Ed effettivamente, se la povera signorina Woodhouse cade in errori e in qualche faciloneria, lo stesso accade al lettore che, assieme a lei, e anche trasportato da tutto l’entusiasmo della giovane protagonista, male interpreta i messaggi degli altri personaggi attori(10). Tuttavia, dai propri sbagli s’impara e così il lettore procede a tentoni, profilandosi una sua visione ed interpretazione, che con l’avanzare della narrazione inizia a divergere sempre più da quella di Emma, fino a quando «le sue ipotesi collimano con la realtà di una soluzione che il testo propone anzi, espone, nel chiudersi»(11).

Detto ciò, persiste comunque in Emma-personaggio una certa insistenza nel cadere in sbagli e fraintendimenti. La sua figura, sebbene indubbiamente positiva, assume i contorni di una personalità più grigia, profilandosi come un’impicciona maldestra e anche un po’ narcisista. Eppure, il lettore è pronto a perdonarla e scusarne la serie di ingenuità senza che, per questo, l’affetto verso l’eroina scemi.

Il finale della vicenda vede anche il termine di tutte le macchinose tribolazioni che la stessa Emma ha indotto in se stessa e inflitto, sebbene sempre in buonafede, ai suoi amici e vicini. Ogni filo narrativo torna sul giusto binario e trova finalmente l’unica, corretta, collocazione(12). In questo è indubbio il prezioso contributo del polo razionale della storia, Mr. Knightley. Il suo apporto nel direzionare la protagonista – e, anzi, nel farla desistere dai suoi propositi e farla ragionare sull’inutilità di alcune sue insistenze -, sebbene talvolta fallisca, li porta dritti al loro di finale: il matrimonio, immancabile topos della letteratura austeniana(13). Tuttavia, una punta di narcisismo potrebbe continuare a nascondersi dietro il ravvedimento di Emma e, quindi, il suo finale da manuale potrebbe in verità nascondere il ben poco altruista e benevolo proposito di «mantenere il suo prestigio, e infatti solo quando teme che Harriet sposando Knightley possa diventare signora di Donwell, e dunque superiore a lei, pensa per la prima volta alla sua unione con l’aristocratico proprietario»(14).

Sebbene, alcune protagoniste del mondo austeniano non siano in verità nuove a certe idee e scelte dettate spesso dall’indigenza (presente o eventuale), non si rinviene la stessa ombra di cupidigia in Emma: le sue finanze sono colme, la sua libertà praticamente assoluta – data la sua capacità di rabbonire un padre indolente e disinteressato -, la sua scelta di non interessarsi mai più al matrimonio, né di altri né proprio, definitiva.

Insomma, più che definirla quasi come un’arrivista, una subdola manipolatrice il cui unico obiettivo è quello di essere superiore agli amici, Emma è, in realtà, solo una ragazza. Una normale ragazza, figlia del suo tempo, del suo ambiente sociale e della sua educazione: un po’ ingenua, un po’ ficcanaso, un po’ pasticciona, in qualche momento anche un po’ superficiale, ma sincera, onesta e altruista. È proprio questo che porta il lettore a perdonarle i suoi goffi tentavi nel migliorare la vita altrui: la buonafede. Non vi è cattiveria nelle sue azioni, ma inesperienza. Non vi è malizia nel suo maldestro “gioco” degli abbinamenti, ma solo sincero interesse per la realizzazione altrui (in particolare, per promuovere la posizione sociale di Harriet). L’errore d’interpretazione, l’equivoco, si ripresenta più volte nel romanzo, osteggiando la protagonista nella reale visione dei fatti.

E, infatti, dalla maggioranza delle protagoniste della Austen non possiamo aspettarci altro se non quello di rappresentare un modello forte e carismatico di donna, capace di reggere ad ogni tempesta e di risollevarsi anche laddove il fato abbia fatto più danni. Sagacia e intelligenza, ironia e bontà non salvano comunque dagli equivoci e dai pregiudizi. E così la trama si dipana sfuggendo al controllo della nostra eroina, perché spesso il corso degli eventi sfugge all’umano controllo.

emma - jane austen firma

Questo è ciò che affascina più il lettore e che decreta il successo secolare per la scrittrice inglese: l’aver reso avvincente ed interessante anche il quotidiano(15). Nello scorrere delle loro ordinarie vicende, i personaggi della Austen sono quanto di più attinente al reale: quindi, anche fallaci e imperfetti. Così Emma, con i suoi errori, i suoi vizi ed i suoi difetti, altro non fa che presentarsi al suo lettore senza filtri e senza finzioni.


Note: 

(1) Jane Austen, Orgoglio e pregiudizio, traduzione di Isa Maranesi, XXXI ed., Milano, Garzanti, 2014.

(2) La sorella dell’autrice, Cassandra Austen, forse spinta dal desiderio di proteggere l’intimità che l’autrice stessa aveva sempre difeso, bruciò buona parte della corrispondenza della scrittrice.
Le lettere rimaste sono state raccolte per la prima volta da Chapman nel 1932. Deirdre LaFaye, nel 1995, ha ha curato la terza edizione [R. W. Chapman, Jane Austen’s Letters to her sister Cassandra and others, Oxford University Press, London; D. LaFaye, Jane Austen’s Letters, Oxford University Press, Oxford].

(3) Nel 1796, la Austen s’innamora del giovane Thomas Langlos Lefroy. La famiglia di lui, però, si oppone all’unione vista l’indigenza e l’inadeguatezza sociale dell’autrice rispetto alle aspettative dei Lefroy.
Alcuni riferimenti in un paio di lettere della scrittrice sembrano suggerire che Lefroy possa aver ispirato il personaggio di Mr. Darcy in Orgoglio e Pregiudizio [Claire Tomalin, Jane Austen: A Life, Viking, London/Knopf, New York, 1997].

(4) I romanzi canonici della Austen sono: Ragione e sentimento (Sense and Sensibility, 1811); Orgoglio e Pregiudizio (Pride and Prejudice, 1813); Mansfiled Park (Mansfield Park, 1814); Emma (Emma, 1815); L’Abbazia di Northanger (Northanger Abbey, 1818, pubblicato postumo); Persuasione (Persuasion, 1818 pubblicato postumo).
Tra le altre opere dell’autrice possiamo ricordare i tre racconti (Lady Susan, Sadditon e Gli Watson, quest’ultimi due incompiuti data la prematura scomparsa della scrittrice); i tre volumi intitolati Juvenalia (raccolta di scritti composti approssimativamente dal 1787 al 1793); ed una miscellanea di altri lavori che riuniscono poesie, lettere e progetti minori.

(5) L’omonima protagonista del romanzo breve Lady Susan è, difatti, un personaggio molto negativo rispetto alle eroine cui la Austen ha abituato i suoi lettori. La donna è egoista, superficiale; non sciocca, ma cinica calcolatrice.

(6) «Sto lavorando a un’eroina che non piacerà a nessuno se non a me», J.E. Austen Leigh, A memoir of Jane Austen, Oxford, Chapman, 1926.

(7) Lo stesso Walter Scott, nella sua recensione apparsa (anonima) su The Quarterly Review, fa riferimento alla «serie di equivoci e situazioni imbarazzanti» che dirigono la trama di Emma [Emma, romanzo. Della stessa autrice di Ragione e sentimento, Orgoglio e pregiudizio, ecc., The Quarterly Review, 3 voll. 12 mo. Londra, ottobre 1815].

(8) Loretta Innocenti, La commedia degli equivoci: “Emma” di Jane Austen in Textus, vol. IV, 1991, pp. 69-96.

(9) Ivi, pp. 72-73.

(10) «Perché nella Austen non sono solo le parole, ma anche i gesti che possono dar luogo ad interpretazioni sbagliate. Vi sono due generi di comportamento: maners, dettate dall’educazione, modi esteriori, che servono più a mascherare che a rivelare e che, casomai, rivelano lo status sociale del personaggio, e behaviour, che dobrennero essere il vero comportamento rivelatore, quello che Emma scruta in tutti per capire la loro funzione e il loro ruolo nel gioco matrimoniale da lei fissato» Ivi, pag. 82

(11) Ivi, pag. 73.

(12) «La trama è sbrogliata con grande semplicità», Ibidem

(13) Jane Austen, Tutti i romanzi, a cura di Ornella De Zordo, Roma, Newton Compton, 2011, pp. 802-804.

(14) Ibidem

(15) «[…] l’arte di copiare natura umana com’è realmente nel comune cammino della vita, e di presentare al lettore, invece degli splendidi scenari di un mondo immaginario, una corretta ed emozionante rappresentazione di ciò che avviene giornalmente intorno a noi. […] Noi, quindi, facciamo un complimento non da poco all’autrice di Emma, quando diciamo che, restando ancorata ad avvenimenti comuni e a personaggi che percorrono i comuni sentire della vita, ha prodotto schizzi di un tale spirito e originalità da non farci mai rimpiangere l’emozione che deriva dal racconto di eventi insoliti, che traggono origine dall’osservazione di menti, modi e sentimenti molto al di sopra dei nostri» Walter Scott, op. cit.


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