L’aquila e la piovra recensione

recensione l'aquila e la piovraTitolo: L’aquila e la piovra
Anno di pubblicazione: 2015
Autore: Gianni Palagonia
Genere: Romanzo

– Ho ricevuto una copia di questo libro dalla casa editrice in cambio di un’onesta recensione –

Gianni è un poliziotto. Nel luglio del 2006 è su un aereo, diretto a Tirana, Albania, dove dovrà restare per un anno.
L’inizio, però, non è dei migliori.
La città gli dà il suo caloroso benvenuto con 35°C e mezz’ora d’attesa fermi in pista all’aeroporto. Gente che strepita, cercando di contattare i familiari col cellulare o afferra le valige pronto a scendere. Bambini che urlano. Il problema? La risposta ce la fornisce uno studente albanese dell’Università Bocconi, Ilir: normale amministrazione. Anzi, siamo addirittura in anticipo.
Nell’attesa del pullman che li conduca finalmente fuori dalla carlinga, il ragazzo fornisce a Gianni (e noi con lui) preziose e rapide informazioni, giusto per farsi un’idea della situazione nel paese delle aquile.
Finalmente, si scende dall’aereo. Ad accogliere i passeggeri, però, non c’è una gentile hostess, ma un burbero e dispotico poliziotto che divide a colpo d’occhio i passeggeri: europei da un parte (trattamento preferenziale), albanesi dall’altra.
Una volta fuori dall’aeroporto, c’è Matteo, un collega, venuto a prendere Gianni. Mentre si dirigono assieme negli uffici destinati alle forze armate italiane (poliziotti, carabinieri e guardia di finanza), l’ambiente che si delinea davanti a Gianni è quasi post-bellico: strade ancora in costruzione che si trasformano, all’improvviso, in mulattiere; strani individui, con fascette di banconote in mano, i quali fungono da improvvisati exchange-money, ma a prezzi più vantaggiosi di quelli ufficiali; illuminazione a intervalli (e con illuminazione intendo proprio la semplice luce in casa). Che altro? Tombini mancanti in ogni strada; numeri civici delle abitazioni inesistenti; bambini che fanno il bagno nelle fontane o che rimestano nei rifiuti in cerca di lattine o plastica;  e grandi bunker anti-bombardamenti disseminati in ogni dove.
E questo è solo l’inizio!

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Primo incontro con Gianni Palagonia (nome falso, poliziotto vero). Lettura interessante. Senza troppi fronzoli, dritti al punto, con un linguaggio semplice e pulito, Palagonia ci accompagna in questa Albania di qualche anno fa (2006/2007); non così dissimile, comunque, dalla nostra Italia.
Malavita, politici ammanicati, raccomandazioni, aderenze, poliziotti corrotti e conniventi… Nel mezzo, al solito, la gente onesta, che deve cercare di sopravvivere alle angherie di ogni giorno.
Le somiglianze tra i due paesi sono molte, ma vi sono anche le differenze. Come per il Kanun, una specie di codice tribale ancora in vigore in molte zone albanesi: lo potremo paragonare al nostro codice d’onore, occhio per occhio e via discorrendo. Con la differenza che, nel 2006/2007 (ma, purtroppo, ancora oggi la situazione non è di tanto migliorata: Corriere.it), vi sono bambini costretti a vivere reclusi in casa… sì, trincerati, bunkerati, prigionieri in casa propria; vittime di una vendetta certa se solo oseranno mettere fuori il naso (secondo il Kanun, infatti, la famiglia della vittima di un omicidio è legittimata a vendicarsi sul parente maschio dell’assassino – se ricordo correttamente – fino al 3°grado di parentela).
In ogni caso, l’autore stesso vuol precisare che si tratta di un romanzo (e, come tale, infatti è stato da me considerato per la valutazione): i fatti narrati derivano da «spunti e particolari» che amici albanesi gli hanno fornito durante il suo periodo di permanenza di Albania. Così, la narrazione segue sostanzialmente i resoconti dei vari personaggi e delle diverse figure che Palagonia incontra. Si crea, quindi, una specie di reportage cui ogni personaggio aggiunge un pezzetto. Il mosaico finale così creatosi fornisce al lettore un quadro dell’Albania.
La descrizione degli ambienti e dei personaggi segue un po’ questa scia: brevi pennellate. Il quadro così realizzato mostra una Tirana ricca di edifici accozzati insieme, un po’ pericolanti, e viali grigi trafficati e caotici e un resto di Albania dalle grandi foreste e i piccoli agglomerati rurali collegati tra loro da passaggi improvvisati.
Di alcuni personaggi arriviamo a conoscerne il passato (anche se forse si aprono con un po’ troppa spontaneità e facilità a Palagonia, considerando che questo, dopo poco tempo di conoscenza, arriva a conoscere segreti privati mai confessati prima a nessuno); di altri a malapena l’aspetto fisico.

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