Possa il mio sangue servire recensione

novità libri aprile 2015 - possa il mio sangue servireTitolo: Possa il mio sangue servire
Autore: Aldo Cazzullo
Genere: Saggio
Anno di pubblicazione: 2015

«Cazzullo si è assunto
un compito diverso dalla
celebrazione:  far chiarezza
sui luoghi comuni che ci hanno tormentato 
in tutti questi decenni.»
Furio Colombo

Quando tratto di saggi, la mia non si può definire una vera e propria “recensione“, tanto che, alla fine, mi astengo dalla “valutazione”. Diciamo che il mio è più un pensiero.

Quindi… Cominciamo col “pensiero”.

Innanzitutto, il libro è una sorta di ri-costruzione, di ri-analisi di un pezzo molto recente (e molto discusso) della storia italiana: la Resistenza.

Cazzullo si prende l’onere di ri-raccontare questa parte di storia senza romanticismi, idealismi, bugie di potere e “storpiamenti” comodi (ad esempio: non tutti i partigiani erano comunisti e non tutto l’Esercito era composto da vili traditori, anzi…).

Per ogni capitolo, una storia (non necessariamente di un personaggio noto o di una figura di spicco, ma anche di gente comune o di coloro il cui ricordo, per convienze di partito, è stato offuscato), un evento, un massacro, una strage.
L’incipit, che dà anche il titolo al libro intero, è la lettera che Franco Balbis, nel 1944, scrive ai genitori; sta andando a morire per l’Italia… per l’Italia in cui lui crede così tanto da sacrificarle la vita:

«Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra terra a essere onorata e stimata nel mondo intero.
Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura.
Con la coscienza sicura d’aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e onore, mi presento davanti al plotone d’esecuzione col cuore assolutamente tranquillo e a testa alta.»

Qualcuno avrà notato che ho latitato nella lettura di questo libro e il motivo è proprio qui sopra. Mi sono dovuta interrompere e per molto tempo, perché non ho avuto il coraggio di leggere oltre tutte quelle storie, tutte quelle morti e quei sacrifici in nome di un ideale, di una Patria nella quale, poi, purtroppo, loro stessi non si riconoscerebbero oggi (v. Spoon River su Facebook, ultimo capitolo che raccoglie testimonianze di “gente comune” scritte da amici, parenti e conoscenti).

Le tante lettere riportate in fondo a ogni capitolo hanno in comune alcuni elementi (come evidenzia chiaramente lo stesso Cazzullo): l’amore per la Patria, il dispiacere per i familiari che restano, le raccomandazioni ai figli per concentrarsi nello studio che li rende liberi e utili alla Patria stessa.

Se si riesce a superare il concetto che tutti questi uomini e tutte queste donne sono morti per un ideale, i sopravvissuti hanno sempre vissuto con l’orrore delle torture sulle spalle (alcuni si sono anche uccisi) e i loro aguzzini hanno fatto la bella vita in qualche paese dell’America del sud o in Stati europei conniventi (la stessa Italia, in alcuni casi, non ha condannato), be’, è un libro che si può leggere agilmente in meno tempo di quanto non ho fatto io.

Insomma, non è una lettura semplice: la realtà è lì, nuda e cruda, contenuta nelle tante lettere scritte pochi istanti prima di dire addio alla vita (e il libro potrebbe essere un’ottima spinta per approfondire alcune storie meno note).
E non è facile, no, non è facile per niente leggere tutte quelle vite spezzate, tutte quelle storie interrotte a metà o da poco cominciate.

Tra le tante storie riportate, un elemento le accomuna tutte: il fatto che, in un determinato momento anche se per ragioni simili ma differenti, un uomo o una donna si sono alzati. Hanno detto basta e hanno deciso di andare controcorrente, rischiando la pelle. Invece, oggi andiamo avanti come caproni e ci accontentiamo di quello che ci raccontano senza nemmeno un po’ di analisi critica (e spesso dimenticando anche i precedenti).

Una lista continua di nomi, ognuno dei quali si conficca nel cuore come uno spillo. E, tuttavia, a questi nomi si aggiungono i nomi di coloro che per rancore e vendetta si sono macchiati delle stesse colpe dei loro aguzzini, violando l’onore dei veri partigiani e il senso della vera Resistenza.

Tante sono le insegne, i monumenti, gli edifici pubblici e le vie “intitolati a…”, le placche e le medaglie (molte attribuite postume) che “decorano” la nostra Italia. Sono un onore sì, ma sono anche tanto dolore, tanta amarezza, tanta sofferenza. Ed è bene che ci siano, che siano lì come monito, ma ognuno di noi dovrebbe anche ricordarsi del perché sono lì.

Sono tanti i monumenti ignorati, le placche e le insegne dimenticate… forse dovrebbero tutti essere “degradabili” come il monumento alle partigiane nel parco di Villa Spada a Bologna in modo che il ricordo debba restare vivo.

Al solito, scrivo sempre troppo. Quindi, vediamo di tirare le conclusioni.
È un libro da leggere? Sì.
La butto lì, ma potrebbe essere un’idea inserire libri come questo nelle antologie di italiano, invece degli estratti di Twilight…


 

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