Perché leggere Il dono della fata di Gail Carson Levine

Qui si parla si svariati anni fa… in un tempo in cui c’era una collana interamente dedicate alle giovani ragazze (non so se hai mai avuto modo di vedere, ma era quella con la costola rosina della Mondadori: Gaia), in cui le storie narrate avevano un messaggio ed erano scritte da autori/scrittori e non da fugaci astri del web (ovviamente, dico questo senza alcun intento polemico… mi limito a riportare i fatti).
Non c’era, in questi volumetti, il classico tam tam lui/lei, sesso, difficoltà a impegnarsi, sesso, terzo in comodo (che poi quanto in comodo non ci è mai dato saperlo bene)… ho già detto sesso?

Insomma, questo periodo così diverso da quello cui ci stiamo quasi assuefando oggi (dio quanto mi spaventa adesso aver letto Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood), era un idilliaco momento in cui il chiodo fisso non era alla copulazione, ma all’accettazione e alla crescita di se stessi. Le eroine non erano invincibili erano brave a fare holliwoodiane acrobazie (e a mantenere la messa in piega!); ma non erano nemmeno delle irritanti dodde imbranate, buone solo a cadere tra le braccia del belloccio di turno.

Lo so, lo so… Sto parlando di tempi andati, ma non dimenticati.

Ecco il perché del mio intervento.

Vorrei che, in qualche modo, fosse possibile recuperare una determinata letteratura per ragazzi, una che comunichi (o almeno provi a comunicare) qualcosa di sensato senza lanciare il messaggio che per essere qualcuno nella vita devi per forza farti il dono della fata - edizionisupportare da qualcun altro o essere Lara Croft in versione adolescente.

Quindi, ecco il mio suggerimento: Il dono della fata.
Come dicevo il libro è datato (1997) e credo sia molto difficile trovarlo ancora disponibile in qualche negozio o online (purtroppo, temo sia ormai fuori catalogo… ovviamente).
Esistono anche due libri che fanno parte della saga (The Two Princesses of Bamarre e Fairest), ovviamente inediti in Italia (e sui quali non posso garantire non avendo mai avuto la possibilità di leggerli… all’epoca non sapevo ancora leggere in lingua, dannata me!).

Credo che Ella Enchanted (o, come è arrivato in Italia, Il dono della fata) abbia ricevuto nuova linfa a seguito dell’uscita del film (che, comunque, come spesso accade, ha poco a che vedere con la versione letteraria), nel 2004, con una giovanissima Anne Hathaway nel ruolo della protagonista, Ella. Se te lo stai chiedendo: non guardare il film (nonostante tutti gli attori siano davvero bravissimi)… il libro è meglio!

Ma, insomma, sto girando attorno a Il dono della fata e ancora non ho detto di cosa parla!

Ella vive in un mondo in cui giganti, maledizioni e fate madrine non sono magiche attrazioni di uno strambo caravanserraglio, ma sono parte della comunità. Anzi, ricevere doni dalle fate madrine alla nascita di un bimbo è cosa normalissima. Insomma, veniamo alla nascita di Ella. Anche lei riceve il suo dono da una fata molto particolare. La buona donna le regala: l’obbedienza. Sì, niente bellezza, ricchezza, chiacchierare con gli uccellini e menate varie. No. Ella sarà obbediente. A chiunque. Sempre. In qualunque circostanza. Anche se qualcuno le dovesse dire: “Ella, buttati nel pozzo!”. Lei eseguirà.
Ovviamente, la fata non si rende conto dell’assurdità e della pericolosità del dono e la ragazza cresce sforzandosi disperatamente di battere questa maledizione, ma ogni suo sforzo pare inutile. E la situazione non è resa meno piacevole dall’antipatica matrigna e dalle sorellastre (l’ho detto che si tratta di uno dei primissimi retelling della favola di Cenerentola? Questo non vuol dire che Ella stia ferma ad aspettare il principe che la baci, salvandola dalla sua maledizione).

Insomma, una lettura consigliata a un pubblico stanco delle solite “eroine” affascinanti e mai consapevoli della loro capacità di rintuzzare il testosterone; delle eroine tonte ai limite della stupidità e che riescono comunque.


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