La fiducia del lettore

Qualcuno disse che, una volta conquistato, il lettore avrà per sempre fiducia nello scrittore (o nella scrittrice)1^. La fiducia del lettore sarà eterna, incondizionata, sincera.

E questo è vero sì, ma fino a un certo punto.

È vero che quando noi lettori troviamo qualcuno che si faccia ridere, piangere, riflettere – insomma, sia capace di emozionarci -, andiamo in brodo di giuggiole. Magari, una volta terminato il libro, ce lo rigiriamo un poco tra le mani come se, sfiorarne la copertina e la costola, potesse lasciarci ancora un po’ soli con tutti sentimenti che abbiamo provato durante la lettura.

Insomma, quando questo accade, è davvero un momento magico. Quindi, perché non leggere altro di quello stesso autore/autrice?

E quello che avviene dopo è semplicissimo: fiducia.

Il lettore si fida.

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Avendolo/a apprezzato/a una volta, il lettore continuerà a seguire quel/la determinato/a autore/autrice. Se nulla ostacola il cammino, questa simbiosi potrebbe anche rivelarsi eterna: il lettore si ciberà delle storie che lo/la scrittore/scrittrice produrrà.

Insomma, essendo tutta una questione di fiducia in quello che l’autore/autrice propone, quando questa viene meno… be’…

… se tradito, questo amore incondizionato, così come viene dato, può anche essere tolto.

E, infatti, può essere ingannato una, due, tre volte, ma poi… fine: il lettore è perso per sempre.

Con questo non dico che i lettori siano dei mostri assetati di perfezione. Primo: perché non è certo la perfezione che i lettori cercano, ma l’emozione, il condividere qualcosa che sia anche una breve opinione. Secondo: perché almeno un paio di “ritenta sarai più fortunato/a” noi lettori li concediamo a tutti gli scrittori.

Ti porterò il mio esempio personale. Ora, in verità, pedante come sono in ambito letterario, ne potrei riportare più di uno, ma parliamo solo di lui (senza fare nomi).

Qualche annetto fa, uscì il suo esordio, un saldo intreccio tra thriller e caccia al tesoro (forse hai già capito di chi sto parlando). Senza entrare troppo nel dettaglio, ti basti sapere che questo stesso autore di libri ne ha scritti altri sia legati a questo suo primo protagonista sia altri avulsi dalla storia d’esordio.

Il guaio è che l’autore è stato incapace di discostarsi dal suo schema con la conseguenza che tutti i precedenti/successivi libri altro non erano che delle fotocopie ben presentante dell’antico avo (protagonista: lui/lei; l’aiutante di sesso opposto a quello del protagonista; organizzazione buona che, in verità, si rileva essere cattiva e organizzazione cattiva che, in realtà, si rileva essere buona; ect.).

Ho retto ben quattro libri di lui (anche se il successo mondiale è temporalmente successivo agli altri che ho letto)… poi anche basta, grazie.

Ne potrei fare altri di esempi simili (sempre anonimi, ma se mi segui da un po’ immagino non sarà così difficile trovare il “colpevole”): quello dello scrittore di cui ho – davvero – amato il romanzo d’esordio e, letto il seguito, mi sono chiesta se sono stata io a prendere una botta in testa mentre leggevo il primo – sballando, di conseguenza, il mio giudizio – o se è stato lui viceversa a prendersi la botta e a sballare completamente la realizzazione del seguito.

Ecco, il mio – ripeto – è solo un esempio e le motivazioni per le quali si decide di non seguire più un autore o un’autrice possono davvero essere infinite, ma il risultato finale sempre quello è: addio.

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Insomma, è evidente che «il lettore avrà per sempre fiducia nello scrittore» è una frase giusta, ma fino a un certo punto, perché il lettore è buono e caro… ma fino a un certo punto. Con lo stesso istantaneo affetto con cui la fiducia può essere stata data, questa può anche cadere… e per sempre.

E quindi? Quindi, abbi fiducia, ma dalla solo a chi la merita.


1^ Il ghostwriter, Robert Harris, Mondadori, 2013


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