La collina dei conigli recensione

la-collina-dei-conigli-recensioneTitolo: Watership Down
Autore: Richard Adams
Genere: Bambini
Anno di pubblicazione: 1972
Titolo in Italia: La collina dei conigli
Anno di pubblicazione ITA: 1975
Trad. di: Pier Francesco Pasolini

Seguito da:

  • La collina dei ricordi

La terribile sensazione di oppressione, paura e impotenza di Quintilio si rivela purtroppo fondata: la collina dei conigli è in grave pericolo. Presto verrà cancellato ogni cosa, come avvisa un cartello che, purtroppo, quei teneri coniglietti non sanno leggere («Questa tenuta […] verrà trasformata in un moderno centro residenziale»].

Come l’omerica Cassandra, il coniglio Quintilio non viene preso sul serio… inizialmente. Guidato da fratello Moscardo, riescono comunque a radunare un po’ di compari pelosetti per allontanarsi dalla colonia e dai suoi imminenti pericoli.

Chi per un motivo chi per un altro, la rabberciata combriccola si forma e i coniglietti si allontanano dalla loro conigliera mater in cerca di fortuna altrove.

Ha inizio così il loro periglioso viaggio tra insidie, pericoli, fortune e sfortune alla ricerca del loro angolino tranquillo di terra.

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Si tratta di una favola per bimbi, una storia, per la verità che l’autore avrebbe creato per le due figlie e che, rimaneggiando, ha reso disponibile anche per il pubblico intero. Insomma, la classica fiaba: c’è il capo, saggio e disposto a sacrificarsi per il resto della colonia (Moscardo); c’è lo strambo che se ne sta in disparte, ma vaticina morte e miracoli (Quintitlio); c’è quello tosto che va di sfondamento (Parruccone); c’è il consigliere (Mirtillo); il cantastorie (Dente di Leone); ect.
Poi altri conigli, quelli non vista, son giusto un nome che fa presenza.

Quindi, il lettore più grandicello potrebbe soffrire un po’ per qualche “favolaggine” e svolazzo infantile.

Tuttavia, c’è da dire – ma non so se ne è “causa” la traduzione – che la scelta di alcune parole un po’ più complesse non la rende certo una lettura agile per un bimbino.
Anche le citazioni, che segnano l’inizio di ogni capitolo, non sono proprio attinte dalla letteratura per bambini (l’Anabasi di Senofonte o l’Amleto di Shakespeare, ad esempio). Lo stesso dicasi per i numerosi riferimenti a Omero, alla Bibbia (con l’episodio dell’arca di Noè), ect. Insomma, si tratta di elementi sicuramente non comprensibili per un bambino che legga da solo.
Inoltre, c’è tutta una componente di scontri, violenze e sangue – e non si fanno sconti per nessuno – che mi mette in difficoltà a definire con certezza un target infantile.

In un certo qual modo, questo libro si pone in quel limbo dove la trama semplice e poco variegata – è pensata per un pubblico molto giovane, il quale tuttavia necessita dell’aiuto di qualcuno per adattarsi a qualche passaggio, riferimento o vocabolo un po’ fuori contesto favola.

Di contro, l’adulto, sebbene riesca a comprendere i riferimenti che indicavo poco sopra e ad apprezzarne il linguaggio nella traduzione di Pasolini (molto più costruito di certi bestseller odierni), non può  però gradirne fino in fondo lo stile favoleggiante.

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Quanto premesso, restano da dire alcune cose. In primo luogo, la cura e l’attenzione nella costruzione di una vita per i conigli, la quale non sia solo cibo, riproduzione, dormire, nascondersi dai predatori e d’accapo, ma anche mitologia, storie, dicerie, tradizioni (anche perché, altrimenti, un romanzo sulla vita dei conigli avrebbe avuto poco senso).
A questo si aggiunge anche la creazione – okay, sono solo poche parole (hraka, elil, ni-Frits…), ma sono comunque del tutto nuove – del vocabolario dei conigli, il lapino.

Di contro, però, non possiamo aspettarci grandi cose dalla costruzione della trama che, più o meno, procede tra viaggi e spostamenti, le sensazioni di Quintilio (spesso ignorate con la promessa di non farlo più quando si rivelano profetiche), feriti gravi o quasi gravi, riposo e periodo d’assestamento e poi di nuovo con viaggi, Quintilio, feriti, etc.

Ovviamente, le dinamiche sono quelle della favola: i buoni da una parte; i cattivi dall’altra. I buoni, comunque propensi al perdono, e i cattivi che, alla fine della storia, comprendono l’errore (ovviamente, questo non coinvolge il capo dei cattivi che tale rimarrà per sempre). Vari interventi propizi in stile deus ex machina.

Alla sua uscita, il libro fece storia e si impose come “classico” nella letteratura per bambini.

Per tirare le file del discorso, possiamo dire che si tratta di una lettura comunque gradevole che, fatta magari verso gli otto/dieci anni, è più probabile apprezzare. Diciamo che non è una di quelle storie in stile “Piccolo Principe” che forse si ama (e si comprende) più da adulti che da bambini.

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