Gemelle imperfette recensione

Titolo: Mischling
Autrice: Affinity Konar
Genere: Romanzo
Anno di pubblicazione: 2016
Titolo in Italia: Gemelle imperfette
Anno di pubblicazione ITA: 2017
Trad. di: Elisa Banfi

– Ho ricevuto una copia di questo libro in cambio di un’onesta recensione – 

Stipati, sballotatti. Dimenticati perché non sono più esseri umani quelli o almeno, tra poco, non lo saranno più.

La musica li accoglie alla discesa dal treno e li inganna. Gli uomini col fucile li separano, forse garantendogli una doccia per ristorarsi dal lungo viaggio. Un uomo in camice bianco, un medico, promette d’aver cura dei gemelli perché la loro simmetria è preziosa.

Ma la stazione a cui il treno si è appena fermato è piena di abominevoli inganni, di false promesse che troppo facilmente si trasformano in subdole cattiverie e in violenza «ingegnosa e calcolata», perché il nome del posto è Auschwitz.

Pearl e Stasha, le due gemelle, si separano da una madre che spera di affidarle a una sorte migliore e da un nonno, ex professore universitario, il quale ha insegnato loro passatempi che – lui non lo sa e non lo saprà mai forse – salveranno l’anima delle due nipoti.

Si separano per finire mangiate dagli animali di Auschwitz, perché all’interno del lager c’è una realtà poco conosciuta: c’è uno zoo, gestito da uno “zio” con una siringa in una mano e caramelle nell’altra.

Il nome di questo mostro troppo reale che sventra madri e tortura bambini per i suoi atroci esperimenti di eugenetica è Josef Mengele.

E Pearl e Stasha, i cui movimenti e pensieri erano sempre stati allineati, si ritrovano desincronizzate,  spezzate, sole. Perdono se stesse e perdono anche l’altra versione di sé.

E allora, forse, l’unica cosa che resta da fare è assecondare Mengele, conquistarne la fiducia e poi… e poi finalmente vendicarsi di tutto il male cinico e calcolato subito.

Ma possono due bambine dare seguito a questi propositi di vendetta? Possono resistere spezzate e sopravvivere da sole agli orrori del campo di sterminio?

Affrontare questo genere di letture, per una serie di motivi, non è mai semplice. Ritrovarsi nero su bianco la violenza assurda ma scientemente organizzata che certi uomini hanno orrendamente raggiunto è destabilizzante.

Potrebbero sembrare solo storie, chiacchiere che trattano di violenze così abominevoli da essere al di fuori di ogni umana immaginazione; eppure diventano un onnipresente tarlo che, nella nostra sbigottita mente, ci ricorda che invece è successo e potrebbe succedere ancora (non dimentichiamo mai che in certe parti del mondo i campi di lavoro esistono).

Detto questo la recente letteratura dedicata all’Olocausto ha spesso conosciuto – purtroppo – alti e bassi e mi è – purtroppo – capitato di incappare più di una volta in testi che cercavano dispersamente di occhieggiare al lettore, cercando di inculcargli un’empatia costruita, il cui risultato però era solo un – purtroppo – imbarazzante pastrocchio.

Con “Gemelle imperfette” nulla di tutto questo. Era molto tempo che non mi capitava una lettura così immersiva.

Si tratta di una storia – ispirata a eventi realmente accaduti – terribile, ma l’autrice ha questo tocco delicato, questo modo di mostrare la sofferenza senza scadere nel morboso davvero meraviglioso.

Non so se è corretto definire la scrittura delicata, ma Affinity Konar ha un tratto così elegante da rendere le parole dolci come un tocco vellutato.

Questa sua dolcezza non cancella comunque dolore e sofferenza. La violenza è una costante di Auschwitz e la Konar riesce a parlarne con quel miscuglio di agonia e necessità di oblio comuni in una persona che troppo ha sofferto.

Il direttore degli orrori, Mengele, non è solo un pazzo sadico calcolatore; è un ingranaggio di un regime che ha disteso i suoi tentacoli purulenti ovunque, corrompendo nel profondo le persone (anche se la difesa dell'”eseguivamo solo gli ordini” è valida fino a un certo punto).

Il blocco in cui Mengele eseguiva i suoi esperimenti [Fonte: Wikipedia.it]
È valida questa difesa, in parte almeno, per gli internati e per coloro che coadiuvano Mengele come Zvi Dinger e la dottoressa Miri (sebbene la coscienza di entrambi resterà sempre vincolata agli orrori del campo).

Ma il male di Auschwitz resta legato anche a coloro che gli è sfuggito con altrettanti sacrifici.

Nelle gemelle, nel loro rapporto scomposto dalla violenza e dalla malvagità, vediamo questo male. Sono loro stesse a raccontarcelo passandosi l’incarico di narratrici durante la storia.

Ma l’evoluzione e la sopportazione umana consentiranno al Paziente di tornare finalmente Feliks; a due ragazzi rotti di diventare insieme Orso e Sciacallo; a Stasha di perdere la sua immortalità posticcia; a Pearl di vivere finalmente libera seppur spezzata.

Personaggi così vibranti di umana convinzione da apparire vivi agli occhi del lettore.

Insomma, la maggior parte sono personaggi di finzione, ma la loro cartacea esistenza si mescola con la storia e i ricordi di veri internati. In particolare, nella vita dei gemelli è impossibile non vedervi i ricordi e l’impegno di Eva Mozes Kor e sua sorella Miriam, il cui coraggio ha consentito al mondo di conoscere gli orrori dello zoo (qui puoi trovare un’intervista di Eva).

Era un po’ di tempo che non incappavo in una lettura così: che coinvolge portandoti quasi alle lacrime; che forma personaggi spezzati ma in costante evoluzione; che alterna sofferenza e speranza e, addirittura, perdono; che ti porta ad agonizzare con i personaggi e a sorridere con loro; e che alla fine lascia quasi senza fiato.


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